Roma

Grillo fa il miracolo: è la Raggi. Sciolto il mistero Bedori: era poco avvenente

di Marco Zonetti


Studio televisivo, make-up da passerella, capelli piastratissimi, ciglia sbattute con civettuolo pudore. No, non va in scena l’intervista all’attrice, modella, cantante, soubrette del momento. Sotto i riflettori c’è invece Virginia Raggi, candidata dell'M5S per la poltrona di sindaco di Roma. Nel salotto di Otto e mezzo, amministrato da una decisamente soffice Lilli Gruber, la grillina che tenta la scalata al Campidoglio trova l’accogliente atmosfera e il piglio compiacente di un rotocalco pomeridiano. Illuminata da decine di migliaia di watt che neppure Greta Garbo in Mata Hari, la Raggi risplende come una madonnina votiva e risponde alle (particolarmente facili) domande della rossa nazionale e di Massimo Franco, meno incalzante che mai.
È sbalorditivo il lavoro d’immagine effettuato sulla Raggi da parte della Casaleggio & Associati: la mammina paludata in abiti anonimi, e dai capelli scompigliati dal vento sferzante ai gazebo e ai tavoli di raccolta firme, è stata tramutata in una sorta di Penelope Cruz de noantri, che procede nei vagoni della metro C come su un red carpet e che è onnipresente nei talk show televisivi, alla radio, sui giornali emulando l’Alba Parietti “coscia lunga della sinistra” dei vecchi tempi. Mentre fino a qualche tempo fa, i grillini si facevano un vanto di non essere televisivamente accattivanti nonché la bestia nera dei mass media, adesso antepongono la resa estetica alla valenza battagliera delle loro istanze. Qualche anno fa Grillo auspicava una casalinga ministro delle finanze. Poche settimana fa, la casalinga Patrizia Bedori – candidata sindaco di Milano – è stata messa poco gentilmente alla porta, rea di essere poco convincente dal punto di vista mediatico e di scarsa avvenenza. E gravissime offese all’aspetto fisico della Bedori, secondo quest’ultima, proverrebbero proprio dal mondo pentastellato.
Virginia Raggi sembra essere diventata l’emblema dell’accusa che da più parti e fin dall’inizio viene mossa al m5s, e cioè che i suoi candidati – ed eletti nelle istituzioni a spese degli italiani – siano scelti con meccanismi simili a quelli del televoto nei reality o nei talent show (ma con molti meno voti). L’aspirante prima cittadina di Roma, sottoposta a un pedissequo e mirato studio sull’immagine da parte di una società di consulenza per le strategie digitali (la Casaleggio & Associati, per l’appunto), porta all’estremo questa dinamica finendo per diventare un personaggio e non più una persona; una cittadina del villaggio globale più che la “semplice cittadina” tanto sbandierata agli albori dell'M5S; una sorta d’incrocio fra una Suor Cristina laica e Marina La Rosa, indimenticata “gatta morta” del primo Grande Fratello. Il movimento antisistema, quindi, ufficializza con la Raggi il suo posto d’onore nel sistema più potente di tutti: quello mediatico, in cui non conta la verità bensì l’apparenza; non l’essere umano in carne e ossa bensì il simulacro; non il senso civico bensì il senso estetico.
Il dispiego di mezzi per rendere Virginia Raggi più telegenica che mai è, ahinoi, inversamente proporzionale alla quantità dei contenuti veicolati dai suoi discorsi. Basta vederla negli studi di Otto e mezzo: ai quesiti di Gruber-Franco, la grillina riesce a parlare per svariati minuti senza tuttavia dire alcunché, senza dare una sola risposta, senza approfondire un suo punto di vista personale. L’aspirante sindaco romano del movimento cinque stelle appare ma non c’è, come gli ologrammi evocati dalla sua fata madrina Beppe Grillo, che da Cenerentola sconosciuta e nascosta nei polverosi studi legali a sbrigare fotocopie, l’ha trasformata dalla sera alla mattina – complice Casaleggio – in un’affabulatrice televisiva.
L’incantesimo finirà alla mezzanotte del cinque giugno con una sonora sconfitta, o Virginia Raggi vivrà felice e contenta sulla poltrona di sindaco di Roma? Il problema, almeno per lei, non sussiste: volendo, una poltrona di tronista televisiva non gliela toglierà nessuno.