Roma

Guerra dei tamponi, vince la Regione Lazio: test vietati ai centri privati

Il Consiglio di Stato ha stabilito che i centri diagnostici privati non possono eseguire i tamponi: “Analisi e tracciatura affidata in esclusiva alla Regione”

Coronavirus, la guerra dei tamponi tra l'assessore alla Sanità Alessio D'Amato e laboratori di analisi privati la vince la Regione Lazio.

Il Consiglio di Stato, con il decreto cautelare monocratico depositato venerdì, in riforma dell’ordinanza cautelare del Tar, ha infatti stabilito che i centri diagnostici privati non possono eseguire i tamponi, in quanto tale attività di analisi e tracciatura è stata affidata dalla Regione, in esclusiva, al servizio diagnostico pubblico tramite la rete d’eccellenza Coronet Lazio. La rete Coronet “è idonea a gestire, tracciare, elaborare la sottoposizione a test senza che l’auspicato contributo privato sia di decisiva utilità”.

L’esistenza dei falsi positivi e negativi, infatti “deve condurre a un impegno sempre più forte per ridurne la percentuale” e ciò “appare realizzabile meglio e in più breve tempo se il sistema dei test sia concentrato in una rete di presidi per lo più pubblici, di grandi dimensioni, ovvero sedi di corsi universitari, con la guida - di assoluta e indiscussa affidabilità - all’ISMI Spallanzani”. Tale scelta risulta legittima in quanto risponde “ad esigenze di prioritario interesse generale” e ragionevolmente giustifica la scelta di “concentrazione nel Coronet Lazio della effettuazione, tracciatura, elaborazione di tale tipo di test anti Covid-19”. La discussione collegiale del merito è già fissata per il 16 luglio 2020.

Il ricorso, al vaglio del Consiglio di Stato, era stato proposto dalla Regione Lazio contro Artemisia spa. Per i giudici amministrativi, "risulta agli atti, senza convincenti smentite, che il sistema Coronet Lazio ha aumentato, come i dati statistici settimanali dimostrano, in modo esponenziale nelle settimane il numero assoluto dei test e la percentuale tamponi/numero dei cittadini, nonchè ha ridotto, fino a due giorni, il tempo occorrente per il test. Ciò, se comparato al trend di contagi fortunatamente decrescente della Regione Lazio, offre argomenti a favore della tesi per cui la contestata rete Coronet è idonea a gestire, tracciare, elaborare la sottoposizione a test senza che l'auspicato contributo privato sia di decisiva utilità per il conseguimento degli obiettivi generali stabiliti". E ancora: "L'esistenza, non negata dall'appellante, di falsi positivi e negativi, deve condurre a un impegno sempre più forte per ridurne la percentuale, il che, senza che sia stato opposto un argomento decisamente convincente, appare realizzabile meglio e in più breve tempo se il sistema dei test (primo, secondo tampone ed eventuale approfondimento) sia concentrato in una rete di presidi per lo più pubblici, di grandi dimensioni, ovvero sedi di corsi universitari, con la guida, di assoluta e indiscussa affidabilità, all'Ismi Spallanzani".

Per il Consiglio di Stato, "la fruizione della rete Coronet viene sottolineata anche come strumento indefettibile per la cosiddetta tracciatura dei flussi di dati, allo scopo essenziale di ricerca precoce di eventuali nuovi focolai, di elaborazione dei dati raccolti e successiva trasmissione al Ministero della Salute per poi alimentare la banca dati dell'Oms". In altri termini, "il valore aggiunto che, per il Coronet Lazio, può giustificare, ad oggi, la contestata limitazione, è il pregio indubbio di un sistema in cui si centralizzano, con una canalizzazione governata in entrata e in uscita, in un circuito omogeneo e di elevato valore scientifico pubblico, la raccolta degli esiti, la ripetizione e gli ulteriori approfondimenti ove occorrenti, la tracciatura, la comunicazione 'unitaria' ad enti nazionali e internazionali, e ciò partendo dal dato iniziale dei kit e della elaborazione con le macchine utilizzate, a fini di omogeneità dei parametri di riferimento e di 'affinamento dei risultati' per ridurre la percentuale di falsi positivi e negativi".