Roma
Hammamet: il retroscena, Craxi disse: “Torno in Italia solo da uomo libero”
Donato Robilotta la trattativa tra Craxi e l'Italia per il suo ritorno: “Avvisai ma il corridoio umanitario non si aprì e Craxi preferì morire in Tunisia”
di Donato Robilotta
Ho visto il film Hammamet di Gianni D’Amelio. Il film non parla del Psi, se non per un breve flash, né del Craxi leader e statista ma del Craxi persona nell’ultimo periodo della sua vita da esule ad Hammamet.
Un approccio giusto, perché si vede un Craxi molto diverso da come lo hanno descritto in Italia. Una casa di una persona comune, non un palazzo, senza ori e sfarzo. Era in esilio, ammalato, solo con la famiglia e pochi veri amici che lo andavano a trovare, protetto dai tunisini che lo continuano a chiamare monsieur le President.
Un uomo buono, che si occupa dei più deboli, che cerca di aiutare chi ne ha bisogno. I denari del finanziamento illecito servivano alla politica, perché i partiti costavano ma erano l’ossatura della democrazia. Oggi con i partiti storici cancellati la politica è più debole ed anche il sistema democratico. Un leone in gabbia che non si arrende, che si difende ma senza buttare fango per non danneggiare il suo paese che ama tanto da guardarlo continuamente da lontano. Quello della sua difesa, del suo onore, della difesa della sua storia politica che ha vissuto è il suo cruccio.
Grandioso Favino con la somiglianza fisica a Bettino, appena l’ho visto mi ha fatto venire in mente quando nel 1996 sono andato a trovarlo in Tunisia e non posso negare che mi sono commosso non poco. Una profonda commozione che mi ha tenuto sveglio l’intera notte, con le tante immagini di quegli anni che mi sono tornate in mente, a partire dal bunker del quinto piano di via del Corso dal quale, mentre vi cadevano le bombe, cercavamo di portare, inutilmente, in salvo la nave.
La malattia, quel suo diabete che lo ha colpito da tempo, si aggrava con altri mali che lo assalgano e lui ha bisogno di essere operato con una certa urgenza. La famiglia tenta in tutti i modi di farlo curare in Italia.
Inizia una frenetica trattativa e diverse istituzioni lavorarono a una ipotesi: Craxi sarebbe rientrato a Fiumicino, da lì trasferito nell’infermeria del carcere di Viterbo, restando il tempo necessario, uno o due giorni, per accettare una domanda di arresti domiciliari o per trasferirlo al S. Raffaele di Milano per farlo operare.
Fino a quando campo non dimenticherò mai più quella sua telefonata che mi arrivò: “Sono Bettino, dillo a quelli là, che io torno in Italia solo da uomo libero…… piuttosto muoio qua, in Tunisia”.
Si riferiva a D’Alema, che in quel momento era il Presidente del Consiglio, e al suo staff che si stava occupando della trattativa. Avvisai ma il corridoio umanitario non si aprì e Craxi preferì morire in Tunisia da uomo libero. Nel film si vede chiara la scena, lui in macchina che di corsa si dirige verso l’aeroporto per salire su un aereo e venire in Italia. Ma prima di scendere dalla macchina chiude dal di dentro la portiera e decidere di non partire. E quella sua profezia: “La mia morte cadrà sulle loro coscienze” si è ampiamente avverata.
Una sala gremita, attenta, non un insulto o ingiuria anzi molta commozione. Dunque approccio giusto del film. Il film mi è piaciuto, ha fatto la sua parte perché Craxi ne esce riscattato e non era facile. Certo manca la parte politica ma questa ora compete a noi socialisti se lo vorremo e se ne saremo capaci.