Roma

“Ho spacciato hashish in strada”. Vittorio Pezzuto e la rivoluzione Radicale

Un tempo c'era la politica vera, in piazza e tra la gente, oggi c'è la caccia ai like sui social

di Vittorio Pezzuto *


L'estate del 1995 la trascorro tutta quanta nel salone del Partito radicale, impegnato a coordinare la campagna di raccolta delle firme su appena 20 referendum: una bazzecola da 11 milioni e mezzo di autografi autenticati e certificati. Pochi mesi prima sono stato nominato segretario nazionale dei Club Pannella e su di me ricade la responsabilità politica di un eventuale fallimento. Teoricamente dispongo di una segreteria di otto persone, che in larga parte continuano però a restarsene a casa loro, fuori Roma. La squadra è affiatata: loro non hanno scelto me, io non ho scelto loro. Una garanzia di successo.


Monitorando quotidianamente i dati che ci arrivano da tutta Italia ci accorgiamo presto che il quesito che raccoglie meno consensi è quello che chiede la regolamentazione delle droghe leggere. Viene così convocata una riunione per tirar fuori un'idea che rilanci la battaglia antiproibizionista (e tutta quanta la campagna referendaria, visto che come al solito Tg e giornali ci cagano zero). È allora che Pannella mi fissa e se ne esce sornione con una frasetta: “Ci sarebbe Marco che da Bruxelles ci propone di farci arrestare per distribuzione di hashish...”. Ora, il Marco in questione è Cappato. Uno arrivato da poco e che già mi sta un filino sulle palle perché, diciamola tutta, non è che dopo 5 ore di volantinaggio ti puoi meritare impunemente il soggiorno premio al Parlamento europeo, a fare le fotocopie o non so che altro. Sarà per questo che sbotto: “Ma porca di una troia, se questo non è il classico "Armiamoci e partite"... Ma venisse lui a farsi arrestare!”.
Frase sincera, appassionata, ragionevole: insomma, 'na cazzata. Soprattutto perché Pannella – e avrei dovuto impararlo da tempo – in genere aspetta solo una mia obiezione per innamorarsi di un'iniziativa. Viene così "deciso" che distribuiremo pubblicamente marijuana a Porta Portese. Oltre a Marco (Pannella, mica Cappato) e al sottoscritto, gli altri spacciatori saranno Paolo Vigevano, Rita Bernardini, Benedetto Della Vedova e Mimmo Pinto. Tutta gente che (a parte me, ovvio) era stata, era o sarebbe stata parlamentare della Repubblica.

Dove acquistare la "roba"
Resta da definire un ultimo dettaglio: 'a roba. Vengo incaricato dell'approvvigionamento. Scelta quanto mai saggia, visto che all'epoca non fumo nemmeno sigari e non ho la minima idea di come e dove si possa acquistare il futuro corpo del reato. Oltretutto siamo a fine agosto e anche i pusher (beati loro) si sono tutti trasferiti nei luoghi di villeggiatura. Quasi tutti, in verità. Avvalendomi della preziosa consulenza di un radicale molto fumato, in una manciata di ore riesco infatti a concludere la transazione per una quantità di hashish che neanche un gruppo di acquisto solidale: qualcosa come 300 grammi e passa. La serata la trascorriamo a tagliare i panetti in minuscoli quadratini, incapsulati in custodie di plastica con il simbolo dei Club Pannella. Quando si dice il marketing. Nel frattempo diamo appuntamento per l'indomani un po' a tutti (ministro dell'Interno, prefetto, polizia e carabinieri), diffidandoli dal marcar visita.

L'alba radiosa del 27 agosto mi coglie insieme alla fidanzata dell'epoca. Due giorni prima mi ha raggiunto da Genova, anche per cercare di capire meglio cosa stia combinando coi radicali. Psicologa, proibizionista tutta d'un pezzo: la compagna ideale, in quei frangenti. Ci rechiamo al mercato di Porta Portese a bordo della mia Fiat Uno: io al volante, lei sul sedile posteriore, al mio fianco invece una rigogliosa pianticella di quel che sapete voi. Che poi, pianticella... Cazzo, un vero e proprio albero di un metro e mezzo che qualcuno all'ultimo mi ha affidato in consegna (“Dai, che così facciamo ancora più scena”)! Eppure in quei momenti la mia preoccupazione maggiore è trovare posteggio. Perché, facciamo a capirci, passi pure andare in galera ma dover anche pagare la multa per sosta vietata questo no, belin!

Manca poco all'inizio della manifestazione e già un migliaio di fedeli si sono raccolti in fiduciosa attesa della comunione vegetariana. Marco non è ancora apparso davanti all'altare (un tavolo da tappezziere sui quali sono stati posati moduli referendari, un pacco di volantini e una scatola per le offerte) e per ingannare l'attesa compro a un banchetto del mercato una confezione di canapina. Chiamatelo situazionismo da strapazzo, ma l'idea di gettare sulla folla adorante mangime per uccelli a base di canapa lì per lì mi pare una genialata avanguardista.

"Radicali spacciatori"
Poi inizia finalmente la cerimonia. Marco dice al megafono quello che deve dire, noi lanciamo quello che dobbiamo lanciare, la folla fa quello che tutti (tranne noi) si attendono che faccia la folla. Un cavallone umano sommerge l'altare antiproibizionista. Il vigoroso albero della cuccagna che avevo posato lì vicino sparisce in un amen, fumato via. In centinaia si gettano per strappare da terra i quadratini di erba proibita. Urla, spintoni, applausi. Le invettive sono invece quelle dei poveri agenti in borghese che faticano non poco a raggiungere gli spacciatori per procedere agli invocati arresti. È in quel preciso istante che rischio la catastrofe. Il tempo di distrarmi in tutto quel casino e scopro che gli altri sono già stati condotti via, verso le auto di pattuglia. Sì, avete capito bene: nel parapiglia è mancato il "piglia" del Pezzuto e io sto per fare una leggendaria figura di merda. In preda al panico inizio a correre come un vero pusher, ma puntando i poliziotti. Cento metri dopo mi tuffo come un pazzo nell'ultima macchina del corteo, che tiene ancora una portiera aperta. “Prendetemi, arrestatemi! Belin, ci sono anch'io!!! grido all'agente che sta per sgommare. Solo allora scopro che qualcun altro sta già accomodato sul sedile. È un Pannella rilassato, sorridente, leggermente sfottente: !Cazzo Vittorio, non cambi mai!.

A colloquio col magistrato Augusta Iannini
Veniamo portati non mi ricordo dove. Rammento solo che il magistrato di turno era Augusta Iannini, tra le altre cose moglie di Bruno Vespa (anni dopo mi verrà presentata dalla portavoce di Alfano a Palazzo Chigi, a margine di una riunione del Consiglio dei ministri, ma questa è un'altra storia). Quando arriva il mio turno entro in stanza e faccio per stringerle la mano ma quella, impassibile, mi spara secco: !Si sieda!. Interrogatorio breve e poi via, agli arresti domiciliari. Nel frattempo la notizia di quel che abbiamo combinato rimbalza in apertura su tutti i telegiornali. Tra i telespettatori del Tg1 c'è anche la mia povera mamma francese, che si sta godendo un rilassante soggiorno nel paesino valdostano di Ollomont. Quel giorno è il suo compleanno e non mi era parso bello avvertirla alla vigilia per così poco. Verrò poi a sapere che udendo il mio nome nell'elenco degli arrestati se ne uscì con un “Merde!!” che neanche il generale Cambronne.
Condotto a casa dagli agenti ritrovo la fidanzata proibizionista e il buonumore. Gli arresti domiciliari si annunciano infatti una pacchia: zero Pannella, zero partito, zero riunioni. Solo il letto, per dormire e magari combinare qualcos'altro. Per scrupolo accendo Radio Radicale, giusto il tempo di sentire un'intervista ad Alfredo Biondi. Dimessosi pochi mesi prima da ministro di Grazia e Giustizia, esprime solidarietà ai radicali per poi uscirsene con un “Tranquilli, l'amico Pezzuto lo difendo io”. Ricordandomi d'un botto che è stato l'avvocato di Gigliola Guerinoni, reagisco toccandomi le palle. Quindi spengo la radio e inizio a godermela.

La revoca dei domiciliari
Saranno passate appena tre ore quando all'improvviso sento gridare “Vittorio! Vittorio!!”. Mi affaccio alla finestra e scorgo da lontano Rita Bernardini. Avevo staccato il telefono fisso, non ho ancora quello cellulare (all'epoca costava uno stipendio) e lei mi sta cercando senza conoscere bene il numero civico della strada in cui abito. «Ma nooo, belandi! Ma non dovevi essere agli arresti anche tu?!» “Dovevo. Ci hanno revocato i domiciliari, vieni subito che Marco ci vuole tutti in riunione!”. Una botta di sfiga inaudita, con la fidanzata che già mette il broncio. Poi ci credo che uno non ha fiducia nella giustizia italiana. Incazzato nero mi do una sciacquata, mi rivesto e la saluto sconsolato.

La difesa dell'avvocato Alfredo Biondi
Bref, l'ho già fatta troppo lunga. Al processo sarò l'unico assolto (grazie Alfredo, fratello genoano e pertanto avvocato a costo zero) e ancor prima riuscimmo a raccogliere 'ste benedette firme. A dirla tutta, quelle sul referendum sulla legalizzazione mancheranno di poco la soglia delle cinquecentomila necessarie ma – dopo esserci guardati a lungo negli occhi – in tre decidemmo di far finta di nulla. Le facemmo consegnare come se niente fosse in Cassazione e questa, dopo averle contate alla carlona, ammetterà il quesito. Purtroppo verrà poi bocciato dalla Consulta insieme ad altri, in particolare quello sulla smilitarizzazione della Guardia di Finanza (che avevo proposto e redatto e che nottetempo verrà fatto fuori su ordine diretto del presidente Scalfaro, ma anche questa è un'altra storia).


Il volto coperto da un funzionario di polizia
Giunti a questo punto voi mi chiederete: “Evvabbè, ma 'sto articolo che ci rappresenta? Che ti è saltato in mente di sfinirci a 'sto punto?”. Avete ragione. Il tutto nasce da una piccola soddisfazione. Perché vedete, finora a corredo di quella prima clamorosa iniziativa di autodenuncia antiproibizionista esisteva a mia memoria una sola foto. Col tempo è divenuta quasi iconica. Ritrae da una posizione rialzata i suoi protagonisti ma sconta un lievissimo difetto: vi sono ritratto ma non appaio. Tutta colpa di un impaziente funzionario di polizia che al momento dello scatto ha pensato bene di scattare a sua volta, cercando di strappare un po' di droga dalla mano di quel delinquente di Paolo Vigevano. E lui ha alzato il braccio, e alzando il braccio mi ha coperto. Il massimo dello scuorno. Ma poi qualche giorno fa sul profilo Facebook di Roberto Spagnoli
(Ciao, vecchio mio) ne ho scoperto un'altra, che non conoscevo. E lì, insieme a Marco, appaiono in giacca e cravatta quelli che il Corriere della Sera un tempo definì "I dioscuri di Pannella": il futuro sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova e il sottoscritto. Mi ci sto affezionando, anche perché a Benedetto voglio davvero bene. Con lui il problema è uno solo: appena ti distrai, zac, ecco che ha cambiato partito. Radicali, Forza Italia, Fare futuro con Fini, Scelta Civica con Monti, ora nel governo Renzi... Se alle prossime elezioni si candida con il Pd convoco il notaio del Guinness World Record e omologhiamo il tutto (nella mia Genova direbbero che “Ha fatto più giri lui che la merda nei tubi”). Ma questa, per la terza volta, è un'altra storia.

Un tempo c'era la politica, oggi i like
Quel che conta è che adesso sono in grado di mostrarvi questa foto, con ancora tutti i miei capelli e un'oncia di esperienza in meno. Posso quindi essere creduto quando dico: “Ragazzi miei che state in Parlamento, io quel giorno c'ero e quelli sì che erano tempi pazzeschi. Nostalgia canaglia? Madeché. È solo che allora si faceva politica e la si faceva spessa. E adesso via, andate pure a farvi i vostri tweet, a contare i vostri like e a sparare le vostre frasette insipide senza avere studiato una beata cippa. Che intanto io mi accendo un toscano”. Amen.

* Vittorio Pezzuto, giornalista, scrittore ed ex segretario nazionale Club Pannella