Roma
Il Coronavirus fa piangere Roma: le reti di solidarietà salvezza della città
Le istituzioni imparino dalle reti del mutualismo e della solidarietà, le uniche realtà che hanno imparato qualcosa dalla pandemia. L'analisi di Andrea Catarci
di Andrea Catarci *
A Roma rimettono in moto i meccanismi di ascolto delle sofferenze diffuse, gridate o silenziose che siano, riprendono a chiamare a raccolta i volontari per organizzarsi e rispondere insieme alla domanda di aiuto, allestiscono strumenti e spazi usuali o reperiti per l’occasione, rilanciano raccolte di fondi e materiali, come fatto splendidamente durante la pandemia, come in vari luoghi non si è mai smesso di fare.
Stanno in giro a portare cibo e beni di prima necessità, si apprestano a farlo in maniera più consistente con l’aumentare dei contagi, dal quadrante sud a quello nord.
Numeri già significativi registra il progetto “Nessuno escluso” che ruota intorno a Emergency, operativo nei Municipi I, VI, VII e VIII con la collaborazione di organizzazioni locali. Da esso migliaia di famiglie ricevono settimanalmente un pacco alimentare in quantità variabili a seconda del numero dei componenti, a cui si aggiungono due spedizioni al mese con prodotti per la pulizia della casa e l’igiene personale, tenendo in considerazione bisogni specifici per bambini, anziani, celiaci, vegetariani. Altrettanto efficace e capillare è l’azione dell’associazione “Nonna Roma”, che oltre al soccorso alimentare lo scorso mese ha promosso “Matite sospese”, per contrastare la povertà educativa e a favore del diritto allo studio. Dal quartiere Prenestino ha strutturato una collaborazione con Enti municipali e altre organizzazioni sociali e sindacali (Cgil) in modo da raggiungere vari punti dei Municipi I, III, V, VI e XIV, recandosi su richiesta anche negli altri territori. Prevalentemente nel quadrante nord della città agiscono “Aurelio in Comune” e le associazioni “Argo” e “Generazioni”, con un servizio di spesa a domicilio per anziani e malati, uno sportello psicologico in rete ed un coaching economico per supportare i negozi di prossimità.
Nel Municipio Roma VIII l’esperienza pionieristica del “Municipio Solidale” voluta dall’Ente municipale non si è mai fermata e a essa si è aggiunto “Emporio Solidale”, con cui il Laboratorio “Acrobax”, la Rete Roma Sud e l’associazione “Maria Sophia” organizzano lo scambio tra chi dona e chi richiede abiti e scarpe per bambini e adulti, passeggini, latte in polvere, pannolini, assorbenti, coperte, dentifrici, saponi, materiali scolastici e sportivi, generi alimentari non deperibili. Allo scopo hanno anche provato a riaprire un locale lasciato vuoto e abbandonato nel giardino antistante la Basilica di San Paolo e, dopo la risposta poliziesca di Roma Capitale, hanno proseguito rinunciando al magazzino, senza arrendersi alla cecità di una giunta Raggi prigioniera di un vuoto concetto di legalità.
Oltre a quelle richiamate nascono, si rafforzano e allargano il proprio raggio d’azione decine di altre iniziative, a macchia di leopardo, disegnando i contorni di una città della solidarietà e del volontariato che non ci sta ad assistere passivamente al dramma delle povertà e ad attendere lo stillicidio delle restrizioni, affrontando tutti e due con la forza delle relazioni.
A fianco trovano talvolta le istituzioni di prossimità, quei Municipi bistrattati e amputati di ampie prerogative di governo, mentre la Sindaca Raggi e la sua giunta M5s non hanno mosso e non muovono un dito per sostenerne gli sforzi, né sul piano dell’operatività né su quello dell’approccio culturale.
Alla concretezza del mutualismo fa da stridente contraltare l’evanescenza della sfera istituzionale
Complessivamente c’è da imparare tanto dal mondo della solidarietà, sia da quello che ruota intorno alle maggiori organizzazioni di settore che da quello più piccolo e spontaneo. Innanzi tutto la generosità e l’attenzione alla nuda vita, tratto valoriale e distintivo che spinge ad agire per non lasciare indietro nessuno, partendo dagli ultimi. Poi la reattività, la capacità di ascolto, la sostanza degli interventi, la capacità di fare rete e la pratica dell’obiettivo, che si mescolano in pratiche capaci di reinventarsi sulla linea variabile e tagliente delle regole dettate dal Covid-19. Soprattutto la dimensione istituzionale - ma non solo - avrebbe davvero bisogno di importare metodologie e finalità nei propri processi decisionali e attuativi.
Al contrario di quanto avviene nell’arcipelago mutualista sembra che lì si sia affetti da una specie di morbo dell’immobilismo, da inefficacia cronica, da formalismi inutili, se è vero che malgrado le innumerevoli riforme al riaffacciarsi di una nuova ondata le criticità reali sono di nuovo legate ai tre segmenti che più hanno scricchiolato la scorsa primavera e che dovrebbero rappresentare altrettanti pilastri civili, sanità, istruzione e trasporti. Certo c’è da recuperare a decenni di tagli che hanno imposto una spesa troppo bassa, mancanza di personale, scarso ricambio generazionale, strutture e mezzi non all’altezza, eccessivo peso degli interessi privati, malfunzionamenti interni. Però in generale l’impressione è che si sia fatto troppo poco con le manovre economiche - pur consistenti - dell’anno corrente e che ora, in tempi di distanziamento e mascherine obbligatorie, il carattere dell’emergenza ritorni immutato, con l’incapacità a garantire le minime condizioni di sicurezza. Nei prossimi due anni con le risorse che arriveranno dal Recovery Fund si dovrà incidere in profondità e invertire la tendenza, già nel presente è però lecito aspettarsi un’azione più incisiva. Cominciando magari con il guardare, studiare e assimilare il modello fornito dall’arcipelago mutualista…
* Andrea Catarci, coordinatore del Comitato scientifico di Liberare Roma