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Roma
Il corpo della donna avvolto da un plissé: la sfida di Anton Giulio Grande

di Tiziana Galli


Alta moda, la collezione di Anton Giulio Grande viaggia solo sui social. Addio Altaroma, lo stilista lametino dopo aver organizzato uno shooting fotografico a Palazzo Ferrajoli, sta portando i suoi capi all’attenzione del pubblico usando unicamente lo strumento più attuale e democratico: la rete.

 

Perché non ha partecipato ad AltaRoma?
“All’inizio volevo partecipare, poi però sono stato preso da tante altre cose e mi sono trovato a fine dicembre, inizi di gennaio, ad accorgermi che era troppo tardi e la collezione non era pronta come avrei voluto. Non volevo partecipare con quattro abiti miseri, a me piace fare le cose fatte bene, altrimenti preferisco non farle. Negli ultimi tempi ho sfilato tanto all’estero: due volte a Londra sfilando al “Royal Albert Hall” e a Parigi. Sono state esperienze bellissime e ho conosciuto nuove clienti ma mi hanno assorbito molto tempo e ho dovuto trascurare gli abiti dell’alta moda”.

Lei ha molte clienti a Londra e a Parigi?
“Abbastanza, così vado ogni tanto e racchiudo un po’ di appuntamenti. E’ stato per questo che sono arrivato a Natale senza neanche accorgermene e piuttosto che presentare ad Altaroma qualcosa di tirato via ho preferito saltare l’edizione. Io sono nato in AltaRoma vent’anni fa, avevo ventitré anni, e sono del parere che non si possa improvvisare una collezione. Tanti portano in passerella degli abiti che non sono neanche di prêt à porter, ma l’alta moda è una cosa seria, è una cosa importante: è fatta di tessuti e di qualità, posso capire la sperimentazione ma l’alta moda deve creare il sogno, deve essere esclusività, deve creare un solo capo per una sola cliente e quel capo deve essere unico ed irripetibile. Non possono esserci degli abiti facilmente copiabili che vengono mostrati in sfilata per poi coordinarli in taglie differenti. L’alta moda deve offrire capi unici e la cliente nel venire a fare un abito che deve vivere un’esperienza indimenticabile: farsi creare un abito solo suo, che stia bene solo a lei.  Io non volevo una collezione piccola o arrangiata, quindi, visto che i tempi sono cambiati e adesso la comunicazione si fa su internet, ho avuto l’idea di fotografare i pochi abiti che avevo creato lanciandoli in rete. Lo sto facendo attraverso siti molto importanti, nazionali ed internazionali, come ad esempio Vogue, Lusso Style, Style.it e naturalmente, i social”.

Ha già avuto qualche ordinazione?
“Si, soprattutto all’estero, sono stato già contattato da diverse clienti”.

Dove ha realizzato lo shooting?
“Da me, a Palazzo Ferrajoli”.

Quando realizza degli abiti a distanza come fa con le misure?
“Talvolta si prendono delle misure e si creano dei capi base, a volte si manda un assistente, a volte alcuni clienti vengono qui in Italia e li incontro a Milano o a Roma. Di alcune clienti affezionate ho già le tele con le misure, parto da lì e poi modifico i modelli. Io faccio molte prove. Per questo insisto nel dire che un abito di alta moda è una cosa seria: perché va provato tante volte. Ci vuole tanto tempo: va fatto il modello in tela, va adeguato alla cliente, vanno tolti tutti i difetti, poi si passa a lavorare il tessuto e si aggiungono i ricami. E’ un lavoro che va fatto rigorosamente in sartoria e realizzato da persone che conoscono il mestiere  senza improvvisarsi”.

Come si regola con gli abiti realizzati per le clienti degli Emirati Arabi?
“Bisogna lavorarci tanto, è un pubblico molto particolare. Poi dipende, oramai le estremiste sono davvero poche ma indossano abiti bellissimi dove sopra mettono il burka; sono donne davvero molto eleganti e con un grande gusto. Ci sono regole molto importanti da rispettare, dei pezzi di corpo che loro non mostrano, però si possono creare abiti estremamente belli anche seguendo le loro abitudini e le loro necessità”.

Ma quando devono provare gli abiti come funziona?
“Li provano tra loro, magari va un’assistente donna. A volte non vediamo mai le proprietarie dell’abito, neanche con indosso il vestito che abbiamo creato per loro. Dipende, ma sostanzialmente oramai sono tutte occidentalizzate. Comprano dei bellissimi accessori, amano molto il cashmere, le pashmine, gli scialli e la moda italiana”.

Qual è l’ispirazione della sua attuale collezione?
“Il plissé, che quest’anno è molto di moda ed è una tecnica molto bella nata in Francia. Non ho voluto utilizzarlo, però, nella maniera classica, ovvero quella del plissé soleil, che crea delle pieghe in sbieco che sfumano fino ad accostarsi al corpo in maniera meravigliosa. Ho creato delle sperimentazioni mischiandolo ad altre tecniche tanto da creare delle forme come dei rombi o delle fisarmoniche. Un plissé corretto: fatto soprattutto di georgette, con gonne con lo strascico unite a dei bustier che sembrano presi dalla lingerie. Sono abiti leggerissimi che possono essere messi anche in valigia senza stropicciarli e senza avere ingombri”.

Di AltaRoma che mi dice? C’è ancora posto per l’alta moda in AltaRoma?
“Io sono una persona che l’ha vissuta ai tempi d’oro, quando entrare nel calendario era molto difficile e si entrava per merito: c’era la “Camera della Moda” a Roma, con una delle sedi in via Gregoriana,  e il calendario era molto prestigioso. L’anno che sfilavo io c’era Pino Lancetti, Renato Balestra che oggi continua a sfilare, Raffaella Curiel, Lorenzo Riva, Gai Mattiolo, Rocco Barocco, insomma tante firme importanti. Adesso vedo un calendario sempre più povero, con dei nomi improvvisati che una stagione ci sono e l’altra no e degli abiti che secondo me non meriterebbero di stare in un contesto storico. Non dimentichiamoci che l’alta moda, ha avuto una breve parentesi a Firenze nella sala Bianca al Pitti, però è nata a Roma e l’hanno fondata dei nomi importanti come le sorelle Fontana, Fernanda Gattinoni, Valentino, Pino Lancetti. A Roma hanno sfilato i più grandi stilisti, come Mila Shön o Ferrè prima di andare da Dior; ora vedo delle cose che penso non siano degne di stare su questa passerella. Dovrebbe esserci più rigore”.

E della scelta delle location che mi dice?
“Non rappresentative per Roma. Quando pensi a Roma, non pensi ne’ alla dogana ne’ alla caserma; Roma se non è la più bella città del mondo è comunque una delle più belle, ricca di location strepitose. Penso che sarebbe il caso di far conoscere di più la bellezza, l’opulenza e l’arte della città di Roma. Ci sono tanti posti non conosciuti che potrebbero essere usati come headquarter per AltaRoma, non capisco perché c’è questa ricerca di location anonime, e anche brutte se vogliamo, o comunque poco rappresentative”.

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