Roma

Il lato sociale dell'industria dell'olio di palma. Grandi imprese e 300mila Coop organizzate

dal nostro inviato
Valentina Renzopaoli


BORNEO (Malesia) - Vivono in vere e proprie comunità, piccoli villaggi immersi nelle sterminate piantagioni di palma: il modello organizzativo è quello della cooperativa che riunisce piccoli imprenditori o meglio “settlers”, come amano farsi chiamare. L'industria dell'olio di palma in Malesia è gestita, oltre che dai grandi gruppi industriali, anche da un altissimo di numero di “smallfarmers”: agricoltori che hanno investito sulla terra e sono diventati piccoli proprietari terrieri. Sono circa 300mila: in totale coltivano il 38,5% dell'area dedicata all'olio di palma e 138mila di loro hanno ottenuto la certificazione di qualità sulla filiera produttiva. In 112mila aderiscono al programma denominato FELDA, ovvero Federal Land Development Authority: agenzia nata per iniziativa del governo malesiano nel 1956, con l'obiettivo di gestire lo sviluppo rurale. All'epoca vennero assegnati piccoli appezzamenti da coltivare, poi a partire dagli anni Settanta, il Governo decise di stanziare dei fondi affinché gli agricoltori potessero, attraverso un prestito, acquistare la terra e diventare proprietari. E così le piantagioni, inizialmente di gomma, vennero convertite a palma. Oltre a garantire uno sviluppo economico e un coordinamento imprenditoriale, questo modello di gestione ha rappresentato e rappresenta ancora oggi, un vero e proprio welfare: all'interno delle piantagioni sono state costruite le case per gli operai, le scuole per i loro figli, le strade e le strutture sanitarie. Con il proprio lavoro e con quello dei propri collaboratori, ogni smallfarmer può guadagnare 2.300 ringgit al mese, che corrispondono a poco più di 500 euro.

Ha seguito questo percorso Mr Sabran: oggi ha 67 anni e vive in una deliziosa casetta con un giardino pieno di fiori insieme alla moglie.  Mr Sabran è entrato nel programma Felda nel 1979: ha avuto un terreno di quattro ettari e l'appezzamento per la casa. Con il guadagno delle coltivazioni, un po' di risparmi, qualche prestito e delle borse di studio è riuscito a far studiare i figli. Cinque maschi e due femmine ormai grandi: sei di loro sono laureati e lavorano in città, nella pubblica amministrazione, l'ultima frequenta ancora all'università.
Nelle piantagioni oggi vivono e lavorano anche molti immigrati: arrivano soprattutto dal Bangladesh e dall'Indonesia: lavorano otto ore al giorno, dalle 6.30 della mattina alle 15. Ma se hanno buona volontà, possono fare gli straordinari e portarsi a casa qualche soldo in più: la paga base parte dal 900 ringgit al mese ma si può arrivare anche 2mila. A loro è affidato il lavoro di raccolta: con rapidi e secchi gesti tagliano i pensantissimi caschi colmi di frutti. Dai 12 ai 40 chili ciascuno, a secondo dell'età dell'albero, che può vivere fino a 30 anni.
Nel 2007 gli imprenditori di FELDA sono stati affiancati da un nuovo soggetto: Felda Global Ventures, una compagnia privata che gestisce le attività commerciali legate alla filiera, dal frantoio al trasporto della merce al marketing. FGV, che nel mondo controlla 850mila ettari sparsi in varie zone del pianeta, nel 2012 è stata quotata nella Borsa malesiana, posizionandosi quell'anno come la seconda azienda più grande del mondo dopo Facebook.

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