Roma

Il paradosso del Calippo Chinotto Tour: ai tempi dei social la libertà diventa una prigione per la mente dei giovani

Dalle gare alcoliche alle sex roulette, alle classifiche sulla magrezza o su quanto ci si riesce a ingozzare, un adolescente su 10 fa selfie “pericolosi”. Parla l'esperta

Negli ultimi anni, i social media hanno ridefinito i concetti di libertà e divertimento, specialmente per le generazioni più giovani. Tra le immagini glamour, i post patinati e i contenuti virali, molte ragazze si ritrovano coinvolte in un mondo che promette visibilità, popolarità e, apparentemente, libertà. Tuttavia, dietro l’apparente scintillio di questa nuova era digitale si cela un paradosso: quella che sembra libertà inizia a somigliare sempre più a una gabbia dorata.

I dati sull’utilizzo dei social media da parte dei giovanissimi dimostrano come questi strumenti siano ormai diventati di uso comune. Basti pensare che secondo l’osservatorio sulle tendenze e comportamenti degli adolescenti, il 95% degli adolescenti ha almeno un profilo sui social network ma alcuni arrivano anche a gestire parallelamente 5-6 profili e 2-3 App di messaggistica istantanea.

L'11% usa profili falsi

Alcune di queste statistiche però risultano più allarmanti di altre ad esempio l'11% degli intervistati dichiara di avere un profilo falso, di cui sono a conoscenza solo pochi amici e di sicuro non i genitori, con cui si addentra nei meandri più nascosti della rete e che non è minimamente controllabile. Ma è rispetto ai contenuti postati che il risultato della ricerca dell’osservatorio mostra quanto i social rischiano di diventare un pericolo. Il 15,5% dichiara di condividere tutti i selfie che scatta (una media di almeno 3 al giorno) sui social network e di diffonderli tramite WhatsApp, soprattutto le femmine.

Uno su 10 fa selfie "pericolosi"

Circa un adolescente su 10 fa selfie pericolosi in cui mette potenzialmente a repentaglio la propria vita; Il 18% ha partecipato a una challenge sui social e il 50% è stato coinvolto da altri utenti in una di queste catene. Le sfide sono le più disparate si passa dalle gare alcoliche alle sex roulette, alle classifiche sulla magrezza o su quanto ci si riesce a ingozzare. Il tutto per essere apprezzati, per andare incontro alle aspettative dei follower e ricercare una continua validazione esterna, che di fatto obbliga gli utenti a seguire standard estetici e comportamentali precisi. Per il 55% dei ragazzi intervistati, infatti, il numero di like che si ottengono sui social è importantissimo e il 17,5% li conta, guarda chi li mette, quando e si fa condizionare nella scelta dei post successivi.

Una moda che si sta diffondendo a macchia d’olio e in modo sempre più rapido ha a che fare con tutto ciò che ruota intorno al mondo del sesso. Una sorta di rivoluzione sessuale 2.0 che esalta la libertà totale, soprattutto delle ragazze, di poter usare i propri social e i propri corpi come meglio credono.

Il 24% degli adolescenti guarda siti porno

Anche su questo ci vengono in supporto i dati: il 24% degli adolescenti presi come campione usa internet e i social per guardare i siti porno, il 6,4% per fare il sexting, l'1,1% dichiara di aver subito atti di Revenge Porn e il 4% di essere stato minacciato della diffusione di immagini intime. Immagini create da loro stessi dato che il 10% degli adolescenti dichiara di aver scattato selfie intimi o senza i vestiti, il 3% di averli pubblicati sui social per mettersi in mostra e il 2% di aver fatto sesso davanti ad una webcam.

Su Of i dati dicono che frequenta il 10% delle ragazze e il 20% dei ragazzi

Se a questo aggiungiamo l’arrivo di OnlyFans, una sorta di TikTok hard dove gli utenti possono postare e visionare, a pagamento, contenuti espliciti, non dovremmo stupirci troppo di questo nuovo fenomeno che sta dilagando e che prende il nome di “Calippo/Chinotto tour”. Innanzitutto anche in questo caso ci vengono incontro i numeri nell’indagine nazionale sugli stili di vita degli adolescenti che vivono in Italia, realizzata dal Laboratorio Adolescenza e dall'Istituto di ricerca Iard, che prende in esame il comportamento di un campione di studenti che va dai 13 ai 19 anni, e mostra come OF sia frequentato dal 10% delle ragazze e il 20% dei maschi, compresi i minorenni. Ed è proprio sul social bianco/azzurro che questo particolare tour ha preso il via e si è diffuso.

Il network commerciale del Calippo Tour

Quella che a prima vista potrebbe sembrava una scelta consapevole leggera, spensierata e ribelle, di ragazze che sposano una forma estrema di libertà sessuale, sembra nasconda in realtà una rete ben più intricata che porta con sé profondi rischi psicologici e sociali. Secondo quanto sta emergendo in questi ultimi giorni le ragazze impegnate in questo giro d’Italia, nel quale incontrano alcuni loro fan e con essi hanno un rapporto orale o sessuale finalizzato ad essere registrato per creare contenuti per i propri profili onlyfans, non si gestirebbero da sole. La testimonianza di una delle ragazze che ha lasciato il “Chinotto tour” apre una prospettiva tutt’altro che tranquillizzante secondo cui ci sarebbero delle agenzie, spesso estere, dietro la gestione dei profili social, dei viaggi e della scelta dei fan con cui le ragazze avranno rapporti intimi. Il tutto senza particolare attenzione alla salute delle ragazze né tanto meno senza lasciare loro la possibilità di tirarsi indietro.

Il contratto capestro per le creator

Dei veri e propri contratti, stando alle notizie che si fanno ogni giorno più dettagliate, con i quali le agenzie si appropriano dei diritti di immagine delle ragazze, e quindi anche dei loro contenuti social, per i 12 mesi successivi all’eventuale rescissione. A questo si aggiunge la minaccia di far saltare accordi commerciali con diversi sponsor e quindi di abbassare gli introiti delle ragazze che decidono di lasciare il gioco.

Viene da sé che la libertà di cui pensano di godere è in realtà solo un’altra forma di schiavitù, non solo rispetto a chi manovra il tutto da dietro le quinte ma anche rispetto al funzionamento stesso dei social: modificare la tipologia di contenuti o il target di riferimento viene spesso penalizzato dagli algoritmi che non riconoscono uniformità in quello che si sta pubblicando e di conseguenza spingono verso contenuti che attirano più visibilità. E se l’algoritmo non punta su di te che hai deciso liberamente di tirarti fuori da un determinato progetto o semplicemente di riprendere il controllo della tua gestione social, il tuo successo virtuale rischia di scomparire e con esso la tua autostima.

Aperto il vaso di Pandora

Ora non sarò certo io, che con i social network ci lavoro, a lanciare strali verso questi strumenti tecnologici, tanto più che, proprio come in questo caso, dietro a comportamenti discutibili spesso ci sono esseri umani che tirano i fili, ma è evidente che esiste un problema di controllo e di gestione. Quello che sta emergendo dalle varie inchieste sul “chinotto tour” cammina sul filo dell’illegalità. Del resto Fralefusa, questo il nome d’arte della ragazza che ha aperto il vaso di Pandora, lo dice chiaramente: “mi sentivo una prostituta”. E in questo Paese istigazione e sfruttamento della prostituzione risultano essere ancora reati.

Dire No è libertà

E allora come fare per intervenire su temi così delicati: innanzi tutto educando i nostri ragazzi che la propria libertà non è vincolata al guadagno, al numero di like, alle aspettative dei follower o degli sponsor, la libertà è anche dire di no quando l’uso dei social intacca la salute fisica e psicologica, l’autonomia decisionale e la capacità di essere autentiche.

E se è vero che i compiti educativi spettano alle cosiddette agenzie sociali, famiglia e scuola in testa, è altrettanto vero che non possiamo voltarci dall’altra parte quando leggiamo che una ragazza appena diciottenne ha lasciato la scuola perché pensava che divertirsi con il proprio corpo fosse la scelta giusta e poi si è ritrovate a dover sottostare alle richieste di manager stranieri. Perché se il 94% dei genitori dei ragazzi intervistati nelle ricerche citate non controlla gli smartphone dei figli allora forse è il caso che si cerchino altre vie per proteggere questi ragazzi.

Helene Pacitto, esperta di comunicazione digitale integrata