Roma
Il Pd disse “sì” al gassificatore di Albano. Rifiuti, i politici nel processo
di Valentina Renzopaoli
Chiamare il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti a testimoniare un aula per riferire di quando, nel maggio del 2008, i vertici del Partito Democratico di Roma e del Lazio diedero il via libera politico alla realizzazione del termovalorizzatore di Albano. Lo ha chiesto l'avvocato Luigi Panella, difensore di Raniero De Filippis, uno dei sette imputati del maxi processo sui rifiuti, nell'udienza che si è svolta mercoledì. Secondo il legale, chiarendo i contenuti di quell'incontro avvenuto il 28 maggio, si dimostrerebbe chiaramente che l'imput, anche a livello istituzionale ed amministrativo, per la costruzione dell'impianto da parte di società del gruppo Cerroni e del Consorzio Coema, sarebbe arrivato da una volontà politica ben precisa. E questo smonterebbe l'accusa di associazione a delinquere contestata al suo assistito, all'epoca figura apicale della struttura amministrativa della regione Lazio. Il Tribunale si è riservato di decidere ma già il fatto che il piemme Alberto Galanti abbia disposto il sequestro del verbale di quella riunione la dice lunga sull'importanza della circostanza; verbale che però sembrerebbe scomparso visto che il sequestro ha dato esito negativo.
L'ultima udienza prima delle vacanze natalizie, visto che si tornerà in aula solo il prossimo 14 gennaio, ha visto sul banco dei testimoni di nuovo il maresciallo dei carabinieri del Nucleo Tutela Ambiente Massimo Lelli. Per la quinta volta consecutiva l'ufficiale di polizia giudiziaria ha ricostruito l'iter delle operazioni investigative e dei relativi dati emersi, confluiti nell'informativa del 27 dicembre 2010: un fascicolo da 1200 pagine con centinaia di telefonate e conversazioni intercettate.
Deposizione incentrata questa volta sulla figura di Mario Di Carlo, esponente politico di rilievo del centrosinistra, ex assessore alle politiche della casa con delega ai rifiuti nella giunta Marrazzo, scomparso nel 2011. “Personaggio carismatico” ed “elemento di centrale importanza”, lo ha definito il maresciallo Lelli, anche in riferimento alla vicenda processuale per i suoi rapporti, mai nascosti, con il “Supremo”. A tenere banco quello che è stato disegnato come un vero e proprio “giallo” sull'acquisto di escavatore usato nella discarica di Malagrotta, che la società facente capo ai cugini di Mario Di Carlo, Ornello e Roberto Tocci, avrebbero comprato dal socio di Cerroni Piero Giovi per realizzare lavori su una pista sciistica a Cappadocia, sui monti abruzzesi vicino a Tagliacozzo. Pista tra l'altro mai realizzata e ruspa rottame invece utilizzata per spostare il letame nell'allevamento di bovini di Di Carlo a Verrecchie.
Un'operazione da 80mila euro che, secondo il maresciallo Lelli, rappresenterebbe “un elemento di interesse investigativo perché dimostrerebbe i rapporti esistenti tra Di Carlo e Cerroni”. Il militare del Nucleo Tutela Ambiente terminerà l'esame del pm il prossimo 14 gennaio.
All'orizzonte intanto “Monnezzopoli” parte seconda: accanto al maxi processo che si sta svolgendo da un anno e mezzo con rito immediato, infatti si profila un nuovo procedimento ordinario sulla gestione dei rifiuti a Roma e provincia, legato all'attività dell'ormai ex re di Malagrotta Manlio Cerroni. In arrivo ci sarebbero le notifiche di rinvio a giudizio per nuovi indagati per quello che si profila quindi come un nuovo filone d'inchiesta.
E questa volta, si parla di nomi ben più altisonanti: dall'ex governatore del Lazio Piero Marrazzo all'ex prefetto Goffredo Sottile, passando per l'ex dirigente regionale Luca Fegatelli, l'ex capo di segreteria dell'assessore regionale ai rifiuti Paolo Di Paolantonio, fino all'ex presidente di Ama ed ex assessore di Walter Veltroni, Giovanni Hermanin. Su quest'ultimo pesa il capo di imputazione più grave, quella di associazione a delinquere: secondo il pubblico ministero Alberto Galanti, lo stesso che ha istruito l'inchiesta “principe”, Hermanin avrebbe aiutato Cerroni a riavviare le procedure per l’apertura del termovalorizzatore di Albano.
La domanda è come mai non si sia voluto integrare questo secondo filone con il “processo madre” visto che alcuni dei reati contestati, come quello per abuso d'ufficio e falso attribuito a Piero Marrazzo andrà in prescrizione ad aprile.