Il processo Cerroni finisce in “cantina”. La prossima udienza solo tra due mesi
di Valentina Renzopaoli
Dall'aula “vip” di piazzale Clodio ad una sorta di scantinato buio e freddo: la Vittorio Occorsio è ormai un lontano ricordo per i protagonisti dell'ex maxi processo Cerroni ormai ufficialmente relegato nei meandri del Tribunale di Roma, con difese e parti civili ammassati in quindici metri quadrati, testimoni praticamente in braccio ai giudici e pubblico perso tra i corridoi alla ricerca dell'aula perduta.
Con l'arrivo del nuovo anno, il processo alla gestione dei rifiuti di Roma, sembra destinato a cadere nel dimenticatoio. L'aria che tirava si respirava già da un po': udienze sempre più sporadiche, esami dei testi tirati fino all'estenuazione, avvocati eccellenti che lasciano il campo alle seconde linee, a parte qualche rara eccezione. E l'udienza di giovedì, dislocata nell'estrema periferia della città giudiziaria, non ha fatto altro che confermare i sospetti. Quando poi, alla fine della seduta a metà giornata, il presidente supplente di Giuseppe Mezzofiore, la dottoressa Brunetti, ha fissato la data del rinvio, una generale esclamazione di sorpresa ha sgomberato il campo da ogni dubbio. In pratica ci si vede tra due mesi: in aula si torna venerdì 11 marzo.
E quel giorno si ascolterà ancora una volta il “solito” maresciallo dei carabinieri del Nucleo Tutela Ambiente Massimo Lelli: il pubblico ministero Alberto Galanti dovrà concludere l'esame per poi lasciare la palla alle difese, decise a “strapazzarlo” per almeno un paio di udienze anche loro.
Il faticoso snocciolamento cronologico delle intercettazioni contenute nel ciccione fascicolo dell'informativa datata 27 dicembre 2010, e imperniato sul filone che riguarda le autorizzazioni per l'impianto di Albano Laziale, è proseguito giovedì con l'analisi di altri due personaggi chiave. Il primo è Giovanni Hermanin, ex assessore Pd in Campidoglio, all'epoca dei fatti nel 2008, presidente di Ama, uno dei tre partner del Coema, insieme ad Acea e Pontina Ambiente, intenzionato a realizzare l'impianto di termovalorizzazione sul terreno adiacente al Tmb della Pontina Ambiente; uomo cerniera tra il mondo amministrativo e quello politico in virtù delle precedenti esperienze, Hermanin dalle carte risulta essere stato un uomo “vicino” a Cerroni nel senso che con lui intratteneva rapporti di buona cordialità. In una telefonata del 17 ottobre 2008 ha “confessato” all'allora assessore regionale alla casa Mario Di Carlo: “Di Albano non ce ne frega niente perché tanto lì comanda Cerroni”.
L'altra figura su cui si sono puntati nuovamente i riflettori è Luca Fegatelli, ex dirigente dell'Area Rifiuti della Regione Lazio. Il maresciallo Lelli ha ripercorso gli eventi che portarono il 7 ottobre 2008 alla tanto attesa seconda valutazione di impatto ambientale sull'impianto di Albano Laziale, che diede esito positivo; e successivamente alla firma da parte del presidente della Regione Piero Marrazzo, dell'ordinanza del 22 ottobre 2008 con la quale si autorizzava l'avvio dei cantieri. Quindi entro la data del 31 dicembre, condizione necessaria per poter accedere ai finanziamenti Cip6 da parte dell'Unione Europea.
Secondo l'interpretazione dell'ufficiale di polizia giudiziaria, con l'ordinanza regionale si poté bypassare il vincolo imposto dal decreto commissariale 147, secondo cui per iniziare i lavori e mettere in esercizio l'impianto, sarebbe stata necessaria l'Aia, (Autorizzazione integrata ambientale) che sarebbe arrivata solo nell'agosto dell'anno successivo.