Roma

Impicca il cane ad un albero, orrore a San Basilio. Animalisti in rivolta

L'uomo, 65 anni, ha anche aggredito un agente che tentata di fermarlo. La giustificazione del killer: “Il cane era diventato ingestibile”

Ha impiccato un cane ad un albero e, subito dopo, ha aggredito un agente della Polizia Penitenziaria che era intervenuto nel tentativo di salvare l'animale. Per questo un uomo di 65 anni, originario di Oristano, è stato bloccato e denunciato dalla polizia.

 

L'episodio è avvenuto il 19 giugno nel parco di via dei Lodigiani, nella periferia romana di San Basilio. Il 65enne ha appeso il cane, di proprietà di due cittadine ucraine di 63 e 54 anni, ad un albero a un'altezza di 6 metri da terra. Ad accorgersi della situazione un agente della Penitenziaria che, dopo essersi avvicinato e qualificato, è stato aggredito dal 65enne con una sega di 30 centimetri. L'uomo è poi fuggito in auto con le due complici. A quel punto si è reso necessario l'intervento della Polizia di Stato che ha raggiunto i tre.

L'uomo è stato denunciato per uccisione di animali, resistenza e minacce a pubblico ufficiale. Le due donne, invece, per resistenza e minaccia a pubblico ufficiale e favoreggiamento. La sega e la corda sono state sequestrate dalla Polizia Scientifica.

Secondo quanto riferito dal 65enne, il cane sarebbe stato impiccato perché "diventato ingestibile". Il 18 giugno scorso, l'animale, adottato 8 anni fa, aveva morso la mano alla padrona (una delle due cittadine ucraine). Per questo l'uomo era stato incaricato di liberarsi dell'animale domestico.

Animalisti in rivolta

L'Enpa si costituirà parte civile al processo nei confronti del 65enne: “L'Ente Nazionale Protezione Animali non può rimanere a guardare mentre s consumano queste violenze e torture nei confronti degli animali per questo ci stiamo muovendo con il nostro ufficio legale e ci costituiremo parte civile. Il responsabile deve pagare, confidiamo nella giustizia. L’orrore che ha travolto questa povera creatura indifesa fa tremare i polsi e apre con violenza uno stralcio su una realtà di cui ancora si parla troppo poco: coloro che torturano e uccidono gli animali sono le stesse persone che poi si scagliano con violenza sui propri cari. L’indagine di Link Italia e Corpo Forestale dello Stato su un campione di 687 detenuti ha evidenziato che il 68% degli autori di reato per lesioni e maltrattamento in famiglia ha maltrattato e/o ucciso animali da adulto. E’ ora di fermare queste persone una volta per tutte e trattare il reato di maltrattamento di animali con la gravità che lo contraddistingue!”.

“Da quanto abbiamo appreso, ha assistito alla macabra scena un agente della polizia penitenziaria che aveva da poco finito il suo turno nel vicino carcere di Rebibbia”, racconta Rita Corboli, delegata romana dell’Oipa, che aggiunge: “Fuggito a bordo della sua auto, il 65 enne è stato comunque rintracciato e denunciato e ora dovrà rispondere delle accuse di uccisione di animale, resistenza e minacce a pubblico ufficiale. Secondo le prime ricostruzioni, il cane sarebbe stato di due sue amiche, presenti sulla scena del delitto, denunciate poi per resistenza e minacce a pubblico ufficiale”. L’Oipa ricorda che l’uccisione di animali è reato art. 544 bis del Codice penale, che recita: “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da 4 mesi a 2 anni”.

“Una sofferenza inaudita subita da un essere senziente che non si può accettare e che chiede giustizia. Per questo procederemo in sede giudiziaria”, dichiara Massimo Comparotto, presidente dell’Oipa Italia. “Le pene previste dalla nostra legislazione per tali reati – prosegue Comparotto – sono troppo lievi, lo ripetiamo da tempo. Occorre una tutela più incisiva per gli animali, che ancora non ricevono una copertura legislativa diretta non essendo loro riconosciuta soggettività giuridica. Auspichiamo un inasprimento per le pene riguardanti il maltrattamento e l’uccisione di animali, anzitutto per l’esigenza di una loro piena tutela, ma anche perché studi scientifici attestano la correlazione tra la crudeltà sugli animali e la più generale pericolosità sociale di chi la commette”.