Roma
Incubo Rebibbia, acqua e muffa dai muri. La denuncia: “Io condannato a morte”
Il grido d'aiuto arriva da O.A., detenuto di 230 kg gravemente obeso e invalido
Incubo Rebibbia, carcere degli orrori con acqua e muffa alle pareti. Arriva la denuncia del garante Mauro Palma.
Nel corso della visita sono emerse diverse gravi criticità: il reparto G9 è stato trovato in condizioni strutturali e igienico sanitarie del tutto inaccettabili, con umidità che trasuda dalle pareti e acqua che cade dal soffitto, gli ambienti sono sporchi e deteriorati, in alcuni corridoi i vetri sono rotti, in tutta la sezione manca il riscaldamento”. Questo in parte il rapporto shock di Mauro Palma, Garante nazionale dei diritti dei detenuti. Il frutto di una visita alla casa circondariale “Raffaele Cinotti”, dal quale sono emerse carenze igenico strutturali, ma non solo. Ad attirare l'attenzione il grido d'aiuto di un detenuto speciale, gravemente obeso, pesa 230 chili, con gravi patologie che lo rendono invalido al 100%. L'uomo, O.A., vive su un'enorme sedia a rotelle, ma non può mai lasciare la sua cella perché la sua mole ostacola ogni spostamento. "L'uomo - scrive nella sua relazione il Garante, Mauro Palma - sta scontando la pena in una situazione detentiva di coercizione strutturale e psicologica". Il detenuto nel suo colloquio con il Garante si è definito inoltre: "Una persona condannata a morte". L'uomo, infatti vive l'insofferenza di vedersi sempre più enorme a causa della sua "inattività forzata", ed è spesso in preda a crisi di panico per il timore di non poter ricevere le dovute cure salvavita in caso di emergenza.
Dopo la segnalazione il detenuto è stato trasferito a Regina Coeli, dove la sua situazione, definita anche dal Dap "incompatibile con lo stato di detenzione", non è migliorata. Un'evoluzione facilmente pronosticabile dal rapporto, che riporta fedelmente queste parole: “Pertanto, ritiene che la situazione in essere non muti anche nel caso di trasferimento ad altro istituto e che conseguentemente debba essere opportunamente valutata la possibilità di sospensione dell’esecuzione penale o quantomeno mutata la misura privativa della libertà attualmente applicata”.