Roma

“Io, Oliviero Beha, Dario Argento e Sabaudia”. Via Diversivo... senza schemi

Pochi giorni prima che il male avesse il sopravvento aveva pranzato al ristorante La Caravella, minimizzando sulla sua malattia

di Patrizio J. Macci

Se il nome dei luoghi contiene il destino delle persone, la strada che aveva scelto Beha a Sabaudia per vivere era la perfetta realizzazione del suo rigore di giornalista e del suo essere fuori della mischia, lontana anche dal mitico "villaggio dei giornalisti" dove risiedono i colleghi: via Diversivo.


Sabaudia l'ha frequentata e amata come molti scrittori e giornalisti romani che svacanzano in un'oasi a un tiro di schioppo da Roma, ma lontano dal carnaio di Ostia Lido.
Pochi giorni prima che il male avesse il sopravvento aveva pranzato al ristorante La Caravella, minimizzando sulla sua malattia. Rimanere vicini alle redazioni era fondamentale prima dell'avvento di internet, ma anche dopo la connessione nella località Pontina non è mai stata al top, superata la Duna e il Lago di Paola non restano che quotidiani cartacei e libri per essere informati. Un ritorno precipitoso nella Capitale era l'unica soluzione per coprire le notizie e non prendere buchi.

Il Comune di Sabaudia all'inizio del duemila aveva provato a fregiarsi della sua competenza nominandolo "uomo immagine" - una sorta di ambasciatore della cultura- non valutando bene l'indomabilità dell'uomo. Qualcosa non aveva funzionato e se n'era andato con una dichiarazione al vetriolo davanti alle telecamere, cioè -come sempre- con la verità: "La Cultura? Diamo per scontato che ci sia. Io onestamente, tranne qualche sporadica serata, non l'ho mai vista. Ma il punto è un altro. Ho accettato tempo fa, come molti ricorderanno, di fare il testimonial della cittadina. Il quesito che cercavo di porre all'Amministrazione Comunale era di come poter esportare l'immagine di Sabaudia, cioè preoccuparsi di come Sabaudia venisse vista fuori dai confini provinciali. Invece mi sono accorto che l'unica cosa di cui si preoccupavano i politici era la loro immagine. Alle mie domande facevano facce strane, come se non capissero di cosa stessi parlando. Così, alla fine, ho deciso di rinunciare all'incarico".

Beha era un gigante anche fisicamente, era impossibile non notarlo sotto al portico la mattina mentre comprava la mazzetta dei quotidiani. Dopo l'abbandono dell'incarico per qualche anno si era defilato, poi nel 2009 aveva presentato il suo libro "I nuovi mostri" in una serata pirotecnica.

Personalmente ricordo una scena indimenticabile: Beha fermo davanti a un bar il cui proprietario è un noto "fascistone" e davanti ai tavoli un tizio che inveisce cantando un motivetto partigiano. Lui se la ride e dall'angolo sbuca Dario Argento che chiacchiera con una persona. Tutti e tre fissano il gestore e lui, spaventato, ritira i tavoli e chiude la bottega in fretta e furia.