Roma
L'alta moda è una celebrazione dark. Sylvio Giardina, la sfida Altaroma 2020
Sylvio Giardina tra suggestioni alchemiche e rituali professionali ribadisce il senso dell’haute couture. Ecco Altaroma 2020
di Tiziana Galli
Moda e riforma: il segreto è nel ritorno alla cultura. Sylvio Giardina, ha le idee chiare e, tra suggestioni alchemiche e rituali professionali ribadisce il senso dell’haute couture e, viaggiando sempre in bilico tra la moda e l’arte contemporanea, il 25 gennaio ha presentati “Dark Celebration” ad Altaroma.
Giardina, tutti si definiscono creatori di alta moda, ma l’alta moda a Roma non si vede quasi più. Si sono persi i riferimenti e si fa confusione nei termini. Che ne pensa?
“Si fa presto a dire “faccio alta moda”, l’alta moda non è solo un tessuto prezioso, ma è anche il modo di tagliarlo, di montarlo: c’è tutto un rituale dietro la realizzazione di un capo che va assolutamente rispettato. Gli abiti vengono costruiti su un bustino con le misure della cliente e questo diventa un lavoro talmente tanto intimo che spesso le tue clienti diventano anche delle tue care amiche. Soprattutto perché abiti di questo tipo si acquistano per eventi e occasioni importanti, quindi dietro c’è sempre un notevole carico di emozioni. L’alta moda è un mestiere, ma è anche cultura. Un creativo ha il dovere di acculturarsi perché deve cogliere il senso del suo tempo. Altrimenti è solo un sarto. L’alta moda racconta il tempo rispondendo al bisogno del momento, se non riesci a cogliere il riflesso di quello che accade sei solo un artigiano”.
Vuole parlarci di “Dark Celebration”?
”Dark Celebration è l’epilogo di un percorso che ho iniziato con “Vertigo” e proseguito con “Monocromo”, le installazioni presentate ad Altaroma nel 2019. In quei casi gli abiti erano interamente bianchi, a gennaio, e interamente rossi a luglio. “Dark Celebration” celebra il nero, un colore che ho adottato per molto tempo perché trovo sia rassicurante: rappresenta il buio e l’oscurità, ma al tempo stesso richiama il tempo del sogno e il sogno consente di creare. Il nero è la conclusione di un mio intero percorso, finito il quale potrò uscire rigenerato e pronto per creare una collezione con una nuova palette di sfumature”.
Com’è il momento dell’attesa della sfilata?
“E’ un groviglio di dubbi, di paure di ansie; paradossalmente è come se nascesse un figlio. E’ una nuova avventura, qualcosa che nasce ma che contemporaneamente si conclude e porta in se’ anche un po’ di malinconia”.
Le sue presentazioni sono sempre tra la couture e l’arte contemporanea. Lei dove si schiera?
“Non saprei. Il mio è un lavoro istintivo. Molti marchi lavorano con l’arte contemporanea per dare lustro al loro lavoro, per me è diverso, nel mio caso non so dire dove inizi l’artista e dove lo stilista”.
Il mestiere dell’alta moda deve essere supportato da una schiera di artigiani attenti e capaci. Ci sono nuove risorse pronte ad affrontare questo tipo di lavoro sapendo di rimanere sempre nell’ombra?
“Le mani esperte sono sempre più rare, perché questo è un lavoro di estrema dedizione e grande fatica, ma fortunatamente in questo momento si stanno avvicinando molti giovani. Tutto il lavoro che si cela dietro un capo di alta moda richiede grande passione e impegno e l’artigiano è una figura che va messa in rilievo perché l’autentico autore del vero Made in Italy”.