“L'Atac, il sindacato e il sogno”: la verità su Quintavalle, la perseguitata
Arriva in e-book il libro-verità della leader di Cambiamenti-M410, il sindacato anti-sindacato. L'anteprima
di Claudio Roma
Micaela Quintavalle autista Atac, molto più di un semplice numero di matricola e di una nuvola di capelli biondi. La donna che vive tre esistenze contemporaneamente, autista, studentessa universitaria e sindacalista.
La “pasionaria” degli autoferrontanvieri romani che ha dichiarato guerra al sindacato consociativo nella sua forma classica. Ha accumulato decine di giorni di sospensione comminate dall’Azienda per il semplice fatto di essere andata in diverse trasmissioni televisive a raccontare il caos del trasporto pubblico romano, indossando la divisa della quale va fiera, a sfidare una dirigenza spesso inetta e superpagata. Gli stessi “colletti bianchi” che - fonti ben informate riportano- utilizzerebbero o hanno utilizzato risorse umane per spiare il contenuto di ciò che scrive sui social network, per monitorare i suoi spostamenti virtuali.
La vita svelata
Poi c’è Micaela la studentessa che in maniera del tutto casuale (tramite la raccomandazione di un sindacalista, cosa che ha dichiarato pubblicamente di sua spontanea volontà) è riuscita ad accedere alla selezione per autisti dell’Atac con un solo scopo: di giorno guidare il bus e la notte studiare per diventare un medico. È iscritta alla facoltà di medicina da anni ma i bollini sul libretto universitario latitano. Un giorno si è stancata dei disservizi, dei bagni sporchi oppure inesistenti per le lavoratrici. Ha registrato un video e lo ha lanciato sul suo profilo facebook.
Il sindacato Cambiamenti M410
Nel 2014 fonda "Cambia-Menti M410", anche questo in maniera abbastanza casuale: gira un video di pochi minuti e lo mette sul suo profilo social. Il tempo di andare a bere un caffè e accumula più di mille commenti. Da quel momento è nata l’idea di fondare il “Sindacato dei trasporti pubblici che punta alla leadership del Terzo Millennio”. M410 è il primo sindacato che nasce dal basso, per tutelare esclusivamente gli interessi dei lavoratori, senza privilegi cui ambire o obiettivi personali da raggiungere. Da quel giorno Micaela ha accumulato cinquantuno di giorni di “sospensione” inflitti dall’azienda, richiami, minacce, rimbrotti, ed ha rilasciato decine di ore di interviste. Ora le scatole piene di appunti, agende, lacerti di conversazioni bruciate in pixel sul web, sono diventate un romanzo sincero e appassionante:
Il libro in anteprima
“DOCTOR DRIVER - UN AUTOFERROTRANVIERE IN CAMICE BIANCO”, la storia della sua vita senza censure, tra ingenuità e momenti di ilarità assoluta.
“Durante una delle prime guide – proseguii – ci trovavamo nei pressi di Villa Borghese. Accanto a noi passò una bellissima ragazza ed un collega disse: «Quanto me lo farei fare un rigatone da quella!»” Leonardo cominciò a ridere ancora più forte. “No Leo – dissi – c’è poco da ridere. Io credevo di averle sentite tutte. Cinque anni di Gran Turismo una certa esperienza del linguaggio adottato dai bipedi maschili te la danno. Ma in quell’occasione pensai davvero che stessero parlando di farsi fare un piatto di pasta da una bella ragazza! Rimasi basita, sconvolta... forse pure un po’ schifata quando mi spiegarono che il rigatone fosse un pompino coi denti”.
Il racconto dell’adolescenza tormentata tra bulimia e anoressia, violenze familiari, amori tormentati.
Fino al volante dell'autobus che ogni giorno continua a manovrare in giro per la Capitale esattamente come il primo giorno:
“Piano piano entravo in un mondo per me sconosciuto ma ci stavo bene. Facevo il mio. Ero gentile con gli utenti. Mi preoccupavo che il mio mezzo fosse efficiente. Non avrei mai ricevuto lamentele, che nel turismo chiamano complain, perché la frenata non era stata dolcissima ed il cliente aveva spostato il busto leggermente in avanti. Non mi sarei mai dovuta mostrare felice anche quando ero terribilmente triste ed avevo una gran voglia di piangere ed urlare. Io portavo principi arabi a fare compere da Dolce e Gabbana a Via del Babuino. Ricordo che due spesero centoventimila euro in vestiti. I sarti gli accomodavano addosso i capi. E per me milleduecento euro di mancia. Quello che in azienda avrei guadagnato con un mese e più di guida”. Sempre con un tomo di medicina in bilico sul cruscotto e riunioni sindacali infuocate alle quali partecipare.
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