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Roma
“L'Inps mi sta uccidendo più della demenza di Lewy”. Denuncia di un disabile

Quattro mesi per una richiesta di invalidità all'Inps e ancora nessuna risposta. Succede a Roma, ma potrebbe accadere ovunque, ad un pensionato ultrasettantenne che dal giorno della domanda per la visita all'Istituto di Previdenza, alterna la sua vita tra il deambulatore e la sedia a rotelle.

La patologia di Stefano R, romano, residente dell'area Metropolitana di Roma, è ufficialmente “morbo di Parkinson” e dal lontano 11 aprile, giorno in cui ha presentato la domanda per il riconoscimento dell'invalidità e anche peggiorata. Mentre l'Inps prende tempo, l'uomo ha approfondito con nuovi esami medici l'iniziale patologia ed ha scoperto di avere una malattia abbastanza rara, la demenza con i corpi di Lewy, caratterizzata dal deterioramento cognitivo. La sua vita è cambiata in pochi mesi ed ora si ritrova a non poter più svolgere le più semplici attività umana come fare il caffè in piena sicurezza. Per il Sistema Sanitario Regionale è meritevole dell'esenziona dal pagamento dei farmaci ma per l'Inps non ha diritto ad alcuna delle agevolazioni riservate a chi ha un'aspettativa di vita ridotta e sempre più complicata.

Per lo Stato non è un disabile, per la Sanità sì

Il deambulatore consigliato inizialmente dal medico l'ha acquistato a sue spese, in attesa che i medici e gli impiegati dell'Inps probabilmente alle prese con vacanze lunghe e Reddito di Cittadinanza, dimenticano le pratiche sulle scrivanie, ha noleggiato una sedia a rotelle che gli consente di muoversi in casa e di fare qualche breve passeggiata accompagnato, ma una volta nel mondo reale, ma quello che l'Inps ignora, se decide di uscire (sempre accompagnato) deve combattere con le barriere architettoniche e, soprattutto, con l'impossibilità di utilizzare i parcheggi riservati ai disabili perché se lo è per la Sanità, per lo Stato non è un disabile. E' un disabile in attesa che una commissione medica dell'Inps, magari formata da un ortopedico e un oculista (con tutto il rispetto per questi specialisti) certifichi che la sua grave malattia neurologica sia tale e lo ammetta ai benefici previsti per chi ha perso l'autosufficienza.

"Ridatemi i miei contributi"

“Ho un solo rammarico - racconta – ho lavorato per 35 anni in una multinazionale dell'aerospazio e l'ho fatto con impegno, diligenza e senso del dovere. Ogni giorno. In questo Paese se per evadere una pratica non bastano 4 mesi, o lo Stato Sociale non c'è più, oppure chi lavora nella pubblica amministrazione ha perso ogni riferimento reale e si nasconde al sicuro dello stipendio certo. L'11 agosto ho idealmente festeggiato i 4 mesi di attesa silente, ma sono certo che l'Istituto mi farà attendere sino all'autunno. Lancio una proposta: ridatemi i miei contributi versati e tolti dalla retribuzione e me la cavo da solo. Questo non è un Paese per malati, l'Inps mi sta uccidendo nell'attesa”.

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