Roma

La Dc non muore mai, a Roma il XIX congresso. La battaglia su simbolo e titolo

di Antonio Parisi

Il nuovo segretario è Antonio Cirillo che subito avverte: “Il partito ha subito l’usurpazione e l’uso illegittimo, del simbolo e del nome da parte di gruppi"

La Democrazia Cristina, partito politico indiscusso protagonista di mezzo secolo di storia italiana e che molti ritenevano, sbagliando, essere ormai scomparso, ha invece inaspettatamente celebrato, il 17 e il 18 febbraio in un albergo di Roma, il suo XIX congresso.

La notizia si è risaputa solo nelle scorse ore quando il segretario politico del redivivo partito, Antonio Cirillo, ha comunicato con una lettera alla Presidenza della Repubblica, a quella del Senato, della Camera e al Governo che il vecchio “scudo crociato” è tornato in campo. Non si tratta, come in questi anni hanno tentato in molti di fare, della imitazione o di un clone del partito che vide le gesta di Alcide De Gasperi, Amintore Fanfani, Mariano Rumor, Giulio Andreotti ed Aldo Moro, ma a ha celebrare il congresso è stata proprio la “Dc” quella “vera” che aveva il suo centro nevralgico nello storico palazzo Cenci Bolognetti al numero 42 di Piazza del Gesù, dove dal balcone del piano nobile della sede sventolava la bandiera del partito, quella bianca caricata dello scudo crociato con la scritta “libertas”.

La Cassazione ha sentenziato che lo scioglimento era nullo

La notizia ha lasciato ammutolito il mondo della politica e quanti ritenevano più che defunta la vecchia Democrazia Cristiana fatta fuori il 18 gennaio del 1994, ritenevano, dall’allora segretario politico della Dc, Mino Martinazzoli. E invece no. Lo scioglimento è stato più volte ritenuto nullo da diverse sentenze della magistratura italiana, sentenze consacrate come definitive dalla Suprema Corte di Cassazione. Insomma la Dc, era morta solo apparentemente ed ora grazie a Cirillo, che di professione fa l’avvocato, e a un gruppo di iscritti del vecchio partito, il partito è stato rianimato. Quanti si erano spartiti le spoglie della Dc ora tremano. Che succederà?

Parla il nuovo segretario Dc, Nino CIrillo

“Per celebrare il congresso del partito ci siano attenuti scupolosamente alle norme statutarie vigenti nel 1984 nella Democrazia Cristiana e mai modificate- ci ha dichiarato Cirillo - abbiamo celebrato i congressi territoriali in Campania, Lazio e Molise mentre la convocazione del Congresso nazionale è stata fatta anche con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 26 gennaio scorso. Sono aperte le adesioni a tutti i cittadini che si identificano nei valori Cristiani e laici dettati da don Luigi Sturzo e da De Gasperi, sarà una casa aperta che accoglierà i democristiani; siamo determinati a superare ogni ostacolo nel solco del dialogo aperto a tutti gli uomini e donne di buona volontà”. Cirillo non intende però fare sconti a quanti, secondo lui, hanno utilizzato in maniera illegittima il simbolo della Dc. “Il partito- ci dichiara senza mezzi termini il segretario politico – ha subito l’usurpazione e l’uso illegittimo, del simbolo e del nome da parte svariati gruppi, che ne hanno beneficiato in maniera arbitraria per fini elettorali ed altri interessi”.

I nuovo dirigenti della Democrazia Cristiana

Ad accompagnare Cirillo nella conduzione del partito vi sarà il presidente del Consiglio nazionale Filippo Colantonio, medico e due vicesegretari, Aldo Piccotti e Mario Pasquale Fortunato, pure lui avvocato. Un ruolo delicato, lo avrà certamente il segretario amministrativo Sabatino Esposito il quale, successore del mitico segretario amministrativo dello scudo crociato Severino Citaristi, avrà le sue gatte da pelare per recuperare l’altrettanto mitico patrimonio della vecchia Democrazia Cristiana, di cui in parte se ne sono perse le tracce. Chi sa cosa diranno ora quanti si richiamano nella loro azione politica alla vecchia “balena bianca”, così era chiamata la democrazia cristiana nella sua epoca d’oro. Vi sono per esempio, Totò Cuffaro, Lorenzo Cesa e Gianfranco Rotondi che in queste ore ha parlato della Dc 3.0.

La lettera alle Camere, al Governo e al presidente della Repubblica

La diffida all'uso del simbolo originale