Roma

La Dolce Vita in un milione di scatti. Geppetti, una Leica per creare il mito

di Patrizio J. Macci

Ha puntato il cannone del suo obiettivo fucilando sorrisi, lacrime, tragedie, amori ma sopratutto volti e corpi di donna. Dive del calibro di Liz Taylor, Sophia Loren, Jayne Mansfield, Brigitte Bardot, Claudia Cardinale, Audrey Hepburn, Monica Vitti, Romy Schneider, Anita Ekberg, Virna Lisi, Anna Magnani. Marcello Geppetti le ha immortalate tutte. Qualcuno ha fatto i conti calcolatrice alla mano, ha scattato sessanta volte al giorno per quarantacinque anni di seguito ininterrottamente. Più di un milione di fotografie. Con la quantità di pellicola che ha usato nel corso della sua vita ci si potrebbe fare un giro di nastro e un fiocco intorno alla luna. Un amore completo totale e assoluto quello con la sua Leica prima e con una Nikon poi.

Marcello Geppetti è stato il fotografo della "Dolce Vita". Sua la pistola fumante del bacio tra Liz Taylor e Richard Burton che inchioda Antonio e Cleopatra al loro amore romano, suo lo scatto nel quale Anita Ekberg scaglia freccette verso i fotografi imbufalita, sua pure la prima foto di Brigitte Bardot discinta a Roma.
Cattura con il suo sguardo di cronista Totò, Alberto Sordi che suona il mandolino a tavola, una giovane Mina, Grace Kelly e Marlene Dietrich non ancora divenuta un fantasma.

C'è lui in agguato sui marciapiedi di via Veneto in una notte di tregenda illuminata dalle fiamme dell'Hotel Ambasciatori. Fotografa alcune ragazze che per mettersi in salvo si gettano dalle finestre. Le immagini fanno il giro del mondo in un lampo. Frammenti di Dolce Vita disperata che gli costano la reprimenda pubblica delle gerarchie ecclesiastiche. Il suo mantra professionale è: colpo d'occhio e velocità, "scattare dopo che tutti gli altri hanno scattato", per avere anche una seconda chance. Imprigionare nella mano un insetto, riaprirla e farne uscire una farfalla con le ali dispiegate. Anche quando i ruggenti Anni Sessanta finiscono lui è sempre sulla strada, tra i giovani della contestazione studentesca, poi fra gli spari degli Anni di Piombo e i selciati insanguinati.

I "folli" che lavorano insieme a lui sono quel manipolo di cronisti d'assalto, senza paura e remore, ai quali Federico Fellini si ispira per la creazione del personaggio di "paparazzo" ne "La dolce vita". Una curiosa nemesi della storia per un fotografo, ha voluto che il suo nome fosse parzialmente impallato da colleghi più scaltri a vendersi mediaticamente. Benchè le sue foto abbiano conosciuto le pagine di Time, Life Magazine e Vogue la maggior parte del suo archivio è ignoto. Ora il lavoro paziente e certosino di cernita e catalogazione dei negativi del figlio Marco e di Andrea Dezzi nella Galleria Dolce Vita di via Palermo, sta lentamente migrando le immagini in pixel da sbirciare su computer, tablet, smartphone.
Le pellicole vengono scansionate ed esaminate una alla volta in maniera certosina. Devono essere ricollocate storicamente, i soggetti ritratti identificati. C'è un tesoro della memoria che attende di venire alla luce.
L'ultima immagine catturata da Marcello Geppetti è del 27 febbraio 1998. È l'alba del digitale per la fotografia, si comincia a parlare dell'uso di apparecchiature senza pellicola nelle redazioni ancora presidiate da apparecchiature ingombranti. Anche questa volta Geppetti arriva un secondo prima che il fatto accada. Marcello scatta una foto, poi si siede e muore.