Roma
La guerra è guerra: Rino Barillari e la mostra che vale una vita di fotografie
A Castel Romano si inaugura la mostra di Rino Barillari, The king of Paparazzi. Testimonial Sandra Milo
I due mantra con cui Rino Barillari, l’ex ragazzino calabrese che scattava foto ai turisti a Fontana di Trevi è riuscito a trasformarsi nell’incontrastato "King dei paparazzi", dalla via Veneto della Dolce Vita, adesso si trasferiscono per tre mesi alle porte di Roma, al Designer Outlet di Castel Romano.
Qui il 6 giugno viene inaugurata la mostra “Rino Barillari, 40 scatti della mia Dolce vita” con le gigantografie delle varie Audrey Hepburn, Grace Kelly e Anna Magnani seminate lungo il percorso dell’outlet.
La mostra curata da Antonella Piperno e celebrata con un evento cui insieme alla testimonial Sandra Milo, protagonista di una foto giovanile che campeggia fra quelle esposte, parteciperanno personaggi dello spettacolo come Eleonora Daniele, Paolo Conticini, Livio Beshir, Vanessa Gravina e Beppe Convertini, è il risultato di una selezione “sentimentale” dallo sterminato archivio di Rino Barillari che nella sua carriera ha scattato tre milioni di fotografie. Immagini talvolta facili da incamerare, ma spesso complicate, tant’è che racconta il King dei paparazzi all’Agi, nella sua vita (oggi ha 74 anni) ha collezionato “166 ricoveri al pronto soccorso, una coltellata, 11 costole rotte e 40 flash fracassati da chi non gradiva di essere ritratto”.
Quelle esposte nella mostra sono foto in bianco e nero che immortalano, con grande spazio ai dettagli modaioli, la magia della capitale quando era la Hollywood sul Tevere, popolata da star internazionali come Frank Sinatra, Audrey Hepburn, Ava Gardner, principesse come Grace Kelly e grandi dive nostrane come Anna Magnani e Sophia Loren. La foto alla quale Barillari è più affezionato, ammette, è quella di Anna Magnani: “Era una diva assoluta” analizza “ma è sempre rimasta Nannarella, donna alla mano che non si è mai negata ai fotografi. Quando capito al Circeo vado sempre a portare una rosa sulla sua tomba: le sono devoto perché mi ha fatto crescere professionalmente, creando lei stessa le situazioni fotografiche vincenti: mi vedeva ragazzino e allora mi aiutava, ad esempio addentando una mela presa su una bancarella e mettendosi in posa. Io tornavo al giornale con quelle foto meravigliose e i miei capi, stupiti, mi chiedevano: “Ma come hai fatto?”.