“La mia donna? La più desiderata”. Moric, Marini, Belen, Arcuri: le sue “ex”
Lo stilista Anton Giulio Grande: “Roma affossata e snobbata, l'hanno distrutta e non solo nella moda”
di Valentina Renzopaoli
Trasgressivamente di classe, eccentrica mai volgare, sensuale da far venire i brividi. Pizzi, trasparenze e ricami di “pelle” che disegnano corpi statuari, vestiti che “svestono”, abiti che trasformano una donna in una “prima donna”. E' un potere magico quello di Anton Giulio Grande, maestro d'alta moda e di pret a porter nonostante la sua giovane età.
Calabrese di Lamezia Terme, proveniente da una famiglia borghese benestante, figlio, nipote e pronipote di avvocati, il ragazzino Anton Giulio sfidò le regole e i pregiudizi. “Mi sono innamorato della moda guardando in tv la Carrà, le gemelle Kesler, Loretta Goggi con quegli abiti pazzeschi”, racconta. Pur di inseguire il suo sogno, studiò come un matto per anni, frequentando due università contemporaneamente, per onorare il patto siglato con la famiglia e far fede al compromesso: prendere una laurea “vera”, quella in lettere moderne e arte contemporanea, oltre a quella di moda. Ci riuscì pure a tempo di record e a 22 anni era già pronto per master, scuole specializzate, un'esperienza a New York e poi i tirocini con i nomi della storia, Gattinoni, Micol Fontana, Giovanni Torlonia. A 23 anni i suoi abiti venivano giù dalla scalinata di Trinità dei Monti nel periodo d'oro di Donna Sotto le Stelle a piazza di Spagna.
Era già nato il suo marchio “AGG” e il suo laboratorio quartier generale in Calabria con le primi 12 sarte.
Il suo, è il mondo dell'artigianato puro: un paradiso di pizzi, piume, ricami fatti a mano, bustini, frange annodate una ad una. Una creatività che gioca sull'eterno contrasto: la tradizione diventa sexy e trasgressiva.
Anton Giulio Grande, com'è la “sua” donna?
“Quando immagino un abito, lo immagino per una donna che lanci un messaggio per sedurre, trasgredire, conquistare. Voglio che la mia donna sia sempre la più bella, la più esclusiva, la più sensuale, la più desiderata dagli uomini. Le donne vogliono essere notate e ricordate e la mia mission è fare in modo che questo avvenga”.
Ma lei fa lo stilista o lo psicologo?
“Eh già...direi che il mio ruolo spesso diventa anche quello dello psicologo: va spesso a finire che le donne mi raccontino tutta la loro vita”.
Manuela Arcuri, Alba Parietti, Nina Moric ai temi d'oro: con i suoi abiti hanno sfilato donne che hanno dettato i canoni della bellezza femminile negli ultimi decenni. Chi sono “le altre”?
“Nina Moric è stata la “mia modella” di punta, quando ogni suo passo facessa gossip. Può aggiungere alla lista Belen Rodriguez che indossò uno dei miei abiti in occasione del suo primo Sanremo, Valeria Marini, Elenoire Casalegno quanto era la fidanzata di Sgarbi, Anna Kanakis, Serena Grandi...quando era magra, Isabella Ferrari, Claudia Gereni”.
Cosa pensa di questi personaggi a distanza di anni?
“La maggior parte di loro, direi quasi tutte, oggi sono “inflazionate”. Senza voler dare giudizi, ritengo che, in generale, c'è un tempo per ogni cosa e quando si vuole rimenere eterni ragazzini si rischia di diventare patetici. Credo che dopo i 40 anni sia giusto, soprattutto quando si è un personaggio pubblico, dare un messaggio diverso, anche di vita”.
Che differenza c'è tra le modelle di una volta e quelle di oggi?
“Oggi la moda è influenzata dai fenomeni social: chiunque può diventare una star o una topo model se così decide la rete. Oggi gli stessi stilisti si affidano alle “influencer”, che spesso raggiungono il successo ma vengono poi “bruciate” in un batter d'occhio”.
Lei come seglie le sue modelle?
“Mi piace puntare su donne moderne, belle, fresche e che riescono a differenziarsi. Oggi mi piace cercare e scoprire volti nuovi. Come Denisa Icucick, italo croata, una delle mie scoperte, quando ha iniziato a sfilare aveva 16 anni; diciamo che è stata una mia “fissa”, oggi di anni ne ha 19”.
Senta ma è vero che lei ha firmato anche alcune tavolette di cioccolata?
“Verissimo...anche se lo sanno ancora in pochi. Ho avuto un'idea folla: quella di brandizzare il mio cibo preferito, ovvero la cioccolata. Ho pensato cinque gusti e li ho abbinati a immagini di alta moda: al peperoncino, cedro, latte, cioccolata bianca e ovviamene fondente, la vera cioccolata. Sono allo studio tavolette allo zenzero, all'arancia e alla liquirizia”.
Veniamo a Roma e all'alta moda: quanto vale nel panorama italiano e internazionale?
“Roma è la mia seconda città, la amo e gli sono profondamente legato. Ma negli ultimi anni è stata volutamente affossata e snobbata, Roma l'hanno distrutta e non solo nella moda, e così sia i buyer che la stampa sono spariti. Io sono un sentimentale: ho debuttato a 23 anni nell'anno in cui morì Versace, il mio desiderio sarebbe tornare a vedere e vivere gli stessi fasti”.
Cos' è che non funziona?
“Ritengo non funzioni innanzitutto la scelta delle location: dall'”orrore” di Guido Reni io prendo le distanze, la moda è un sogno. Chi assiste a una sfilata vuole sognare, lo stilista ha la possibilità di far sognare le persone, e la stessa Roma ha questo potere. Credo che per fare alta moda sia necessario essere colti. E questo spesso non accade”.