Roma

La rivincita di Marino sul Pd degli imbrogli. L’urgenza di andare alle urne

di Fabio Carosi

E' l'aurora di un giorno qualunque di giugno quando, con una settimana di anticipo sulle previsioni dei bene informati, un secondo tsunami colpisce il cuore della politica romana.
Il business è sempre lo stesso: quel vizietto di procedere con affidamenti diretti, forzature e imbrogli da ladri di "polli d'oro" per dare una mano alle coop solidali di Salvatore Buzzi, solo che stavolta emerge dalla cella Luca Odevaine, il compassato ed elegante ex capo di Gabinetto di Veltroni, vero specialista del problem solving quando c'è da guadagnare sul dramma dei richiedenti asilo.Poi c'è il verde, l'assistenza sociale, gli emarginati, i rom. E ci sono pure i capi segreteria e qualche funzionario a poco prezzo.
La scure della Procura, affilata dai Ros, colpisce nel cuore della vecchia politica. Ferri ai polsi di vecchie cooscenze della navigazione costiera romana come il forzista nato nel cuore di An, Luca Gramazio e un'imbarcata di esponenti del Pd del calibro di Mirko Coratti, Pierpaolo Pedetti e Daniele Ozzimo, già martellati ai fianchi dalla prima tranche dell'inchiesta. Il fango delle intercettazioni e delle indagini lambisce le scarpe del sindaco nella misura in cui a portarlo in Campidoglio è stato il Pd che invece da questa inchiesta esce definitivamente tramortito.
Non basta il lavoro di Matteo Orfini a ridare dignità al partito romano, neanche il tentativo imbarazzante del senatore chiamato a fare da commissario a Ostia, nella missione impossibile di nascondere la polvere sotto il tappeto. E Ignazio Marino si prende la sua rivincita: con un colpo da maestro spiega che in Campidoglio (forse voleva dire nella Giunta) , "oggi ci sono persone per bene", e che persino nella Ostia che fu del Pd di Tassone, "abbiamo persone perbene che vogliono ridare la qualità di vita e tutti i diritti e la dignità che la Capitale merita". Infatti il problema della mafia cittadini è tutto del Pd che nel tempo non è riuscito nell'operazione di ricambio e ha protetto una serie di signorotti che hanno usato la politica per scopi personali che se non erano sotto gli occhi di tutti, poco ci mancava.
Che fare? Semplice: o Marino si veste da rottamatore e si vendica di quel Pd che ha cercato di ricattarlo sin dall'elezione, oppure è lo stesso Pd che obbliga i consiglieri a dimettersi e fa cadere la Giunta. Se il beau gest lo fa Marino, passerà alla storia come l'uomo della grande pulizia; se la scelta è del partito forse c'è speranza che qualche militante resista alla nausea. Poi c'è la giustizia, ma i tempi non sono queli della politica. E non sono i tempi della città che ha bisogno di cambiare volto. Anzi, di cambiare i volti. Per favore, fateci tornare al voto.