Roma
La strategia della Meloni per Expo 2030: abbandonare Roma per 25 miliardi
Gli arabi fanno campagna acquisti per Riad: promessi 25 miliardi all'Italia in caso di ritiro di Roma. Ecco che i veri giochi si giocano a Palazzo
La strategia di Giorgia Meloni per la candidatura di Roma ad Expo 2030? Abbandonare il sogno sapendo e avendo la certezza che non ha chance. A rivelare la exit strategy della Premier è stato Dagospia, con un inside vecchie maniere.
Alla recente 78esima Assemblea generale delle Nazioni Unite, infatti, molti si sono meravigliati che Giorgia Meloni, tra una pizzeria e l’altra, non abbia trovato 15 minuti per promuovere la candidatura di Roma all’Expo 2030.
Il sostengo di Corea e Arabia
Tutto l’opposto della strategia seguita dalle due rivali di Roma: Busan (Corea del Sud) e Riad (Arabia Saudita). Hanno invece approfittato eccome della platea dell’Onu per promuovere le loro città il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol e il ministro arabo Faisal bin Farhan Al Furhan Al-Saud. E la Meloni? Nulla. Messo da parte l’ambasciatore Maurizio Massari, Rappresentante Permanente dell’Italia all’Onu, a farsi una vacanza a New York a promuovere Roma, solo il governatore del Lazio, Francesco Rocca, e il sindaco capitolino, Roberto Gualtieri.
Pronta al ritiro
I motivi per cui la Meloni sarebbe pronta a ritirare Roma da una Expo che ha dato nuova vita e rilanciato Milano sono vari. Da una parte, una Expo romana farebbe felice solo il Pd e il suo sindaco; dall’altra, ha capito che la partita per strappare il ballottaggio all’Arabia Saudita è quasi persa.
Riad senza rivali
L’erede al trono saudita Mohammed bin Salman è sicuro di avere i 120 voti necessari che gli consentirebbero di aggiudicarsi l’Expo senza andare al ballottaggio con Roma (a cui ne servono almeno 60). La carta di scambio e la carta vincente? La moneta. L'Arabia sta comprando il consenso di tanti stati votanti, promettendo investimenti. E in questa campagna acquisti rientra anche l'Italia. Sarebbe di 25 miliardi di euro - secondo Dagospia - la somma promessa a Palazzo Chigi in caso di ritiro. E di questi tempi grami, tra finanziaria e Nadef, spread e rating, forse fanno più comodo al governo che a Roma.