Roma
La vergogna Atac. Metà dei passeggeri sui bus e un assembramento di dirigenti
Nell'azienda dei trasporti di Roma il nuovo “assembramento dei dirigenti”. Il rischio di revoca dell'ammissione al concordato fallimentare
di Francesco Giro *
Se da un lato il nuovo Dpcm prevede una ulteriore riduzione al 50% della capienza disponibile all’interno di ogni singolo pullman, dall’altro lato, ecco che l’azienda municipalizzata dei trasporti di Roma Capitale Atac decide venerdì scorso una ulteriore infornata di consulenti e dirigenti di staff del nuovo amministratore unico Mottura che si aggiungeranno ai 32 manager Atac già in servizio.
Insomma “semaforo rosso” per ogni forma di assembramento dei poveri cittadini romani all’interno dei bus, alcuni fatiscenti e tristemente famosi per andare ogni tanto a fuoco. Ma “Semaforo verde” per ogni forma di assembramento di manager, dirigenti e consulenti Atac all’interno di un’azienda/carrozzone andata a fuoco già anni fa e oggi in pieno concordato preventivo, omologato a giugno 2019 e ora messo a rischio dai mancati ricavi aziendali, quantificabili in un buco di 150 milioni di euro, a causa dell’emergenza sanitaria e del lockdown. È bene ricordare a questo proposito che la procedura di concordato preventivo di Atac è “in continuità aziendale “ ovvero prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore Atac che però deve rigorosamente rispettare un piano di risanamento e rilancio finanziario in base al quale ha ottenuto l’omologa un anno fa dal tribunale fallimentare di Roma.
Se i conti non risultassero in equilibrio e se non si profilassero quelle opportunità di rilancio dell’azienda sotto il profilo finanziario e operativo, l’ammissione al concordato potrebbe addirittura essere revocata perché muterebbero le condizioni di fattibilità del piano e l’esercizio dell’attività aziendale risulterebbe addirittura dannoso per i creditori. Sono già anacronistiche allora le grida di gioia della sindaca Raggi che solo a giugno esultava su tutte le agenzie di stampa alla notizia dei 111 milioni pagati da Atac ai suoi primi 10mila creditori. Ottimo e sacrosanto ! ma ora - dopo la crisi coronavirus e alle porte del nuovo lockdown - chi garantirà la tenuta dei bilanci Atac ? E sopratutto chi potrà assicurare il pagamento dei debiti verso i creditori, tutti ancora da onorare ? E sarebbe anche il caso che la Raggi ricordasse ogni tanto che fra i creditori di Atac figura il Comune di Roma, socio unico dell’azienda municipalizzata, che proprio al Comune deve dare 484.748 milioni, crediti perduti che il comune non può iscrivere a bilancio fra gli attivi ma come perdita e lo dovrà fare, in base alle previsioni, fino al bilancio 2056. E per questo, nonostante le rassicurazioni di un governo centrale distratto e di una sindaca a fine mandato, il Campidoglio continua ad essere davanti a un bivio : o questa perdita di 500 milioni ai quali, e solo ad essere ottimisti, si aggiungeranno 150 milioni di nuovo rosso targato coronavirus, verranno coperti con un conferimento di risorse da parte di un ente istituzionale come lo Stato o la Regione oppure a pagare saranno i romani con la loro bolletta come è accaduto col concordato preventivo per l’azienda dei rifiuti di Livorno, l’Aamps, voluto da Lemmetti oggi assessore al bilancio di Roma. E oggi i livornesi pagano la sesta Tari più alta d’Italia con un aumento fino al 20%.
Ecco perché la nuova infornata di manager e consulenti Atac è portatrice di brutti presagi. Tutto nasceva da un debito complessivo colossale di oltre 1,5 miliardi. Col concordato è stato certamente ristrutturato e rimodulato. Ma i debiti sono lì. E non saranno certo le dismissioni immobiliari di Atac per 90-100 milioni la panacea. Chi paga i debiti vecchi ? E chi pagherà quelli nuovi? Atac affonda o rinasce ? Infine: erano necessarie nuove nomine e nuovi stipendi? Sono semplici domande per capire.
* Francesco Giro, senatore di Forza Italia e Segretario del Senato della Repubblica