Roma
La vita dei Fori Imperiali nella Roma medievale, i tesori del super cantiere
Trecentodieci reperti archeologici nella mostra ai Mercati di Traiano “I Fori dopo i Fori”
La vita stratificata sotto ai Fori Imperiali e rinvenuta nel più grande “cantiere moderno dell’antichità”. Trecentodieci reperti archeologici, costituiti da oggetti appartenuti agli abitanti o prodotti nelle botteghe dell’area, ricostruiscono scene e immagini della vita quodiana nel periodo della Roma medievale.
Un’interessante e quanto mai diversificata selezione di questi reperti – tra cui ceramiche, sculture, monete, oggetti devozionali e di uso quotidiano –, tra le migliaia recuperati e per la maggior parte esposti per la prima volta, racconteranno questi significativi periodi storici all’interno della mostra I Fori dopo i Fori. La vita quotidiana nell’area dei Fori Imperiali dopo l’antichità, ospitata nei Mercati di Traiano - Museo dei Fori Imperiali dal 30 marzo al 10 settembre 2017.
L'area in cui sorgevano i Fori Imperiali, cuore antico della città di Roma e complesso architettonico unico al mondo per vastità e continuità urbanistica, è stata oggetto di un’attività di scavo, studio e ricerca straordinariamente intensa nel corso del tempo. In particolare, gli scavi archeologici realizzati negli ultimi venticinque anni hanno portato alla luce un tesoro prezioso. Il rinvenimento di un’eccezionale varietà di reperti, in alcuni casi unici, ha permesso, infatti, di ampliare le conoscenze sulle vicende del sito nel periodo medievale e moderno. Un contesto storico sicuramente meno noto (e meno rappresentato) al grande pubblico rispetto a quello classico, ma altamente esemplare della continuità insediativa urbana.
L’esposizione, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è ideata da Claudio Parisi Presicce e Roberto Meneghini e curata da Roberto Meneghini e Nicoletta Bernacchio, con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura.
Come in un viaggio a ritroso nel tempo, gli scavi archeologici hanno riportato alla luce ricchi depositi stratigrafici che si sono accumulati nel corso dei secoli al di sopra dei maestosi resti dei Fori.
Qui, già prima del fatidico Anno Mille, erano sorti diversi nuclei di abitato e alcune piccole chiese. Il paesaggio urbano cambiò nuovamente alla fine del XVI secolo, quando nella zona furono avviate operazioni di bonifica dei terreni seguite dalla nascita di un tessuto urbano ordinato: il Quartiere Alessandrino, chiamato così dal soprannome del cardinal Michele Bonelli, che ne promosse la realizzazione. Negli Anni Trenta del secolo scorso il Quartiere, con le sue abitazioni e le sue chiese, fu raso al suolo per l’apertura di via dei Fori Imperiali e la “liberazione” delle strutture di epoca classica. Furono così cancellati, d’un colpo, secoli di storia, di vita, di arte.
La vita quotidiana, insieme alle vicende dei luoghi e delle persone – anche illustri –, sarà ricostruita attraverso 310 reperti archeologici, costituiti da oggetti appartenuti agli abitanti o prodotti nelle botteghe dell’area, e conservati in gran numero nei depositi dei Fori Imperiali ma anche presso altre strutture museali della Sovrintendenza Capitolina (i depositi del Museo dei Fori Imperiali ai Mercati di Traiano e il Medagliere Capitolino).
Le sezioni
Dopo una parte introduttiva sulle trasformazioni dell’area dei Fori Imperiali dall’antichità alle demolizioni dell’epoca fascista, fino agli scavi del Grande Giubileo, corredata da pannelli didattici e da un video con immagini storiche, inizia il percorso della mostra, sviluppato in 4 sezioni.
La prima, dedicata a Gli oggetti della vita quotidiana, si articola in diverse sottosezioni. In apertura è possibile ammirare una varietà di contenitori in ceramica la cui evoluzione, nella forma e nella decorazione, segue il gusto e la moda dei tempi. A seguire alcuni oggetti di grande interesse rinvenuti all’interno dei pozzi annessi alle abitazioni, tra cui una coppia di brocche del X secolo e una carrucola con il suo secchio, entrambi in legno, utilizzati per attingere acqua da un pozzo addossato alla chiesa di Sant’Urbano al Foro di Traiano e databili all’inizio del Cinquecento.
Particolarmente suggestivi sono due tesoretti, probabilmente sotterrati dai loro proprietari, rimasti anonimi: il più antico è stato rinvenuto nel Foro di Nerva e risale al XII-XIII secolo; l’altro, databile al 1550 circa, è stato ritrovato nell’area del Foro di Traiano, con le monete ancora nascoste dentro tre brocche in ceramica. Non mancano le testimonianze degli ultimi abitanti del Quartiere Alessandrino che, allontanati dalle loro case destinate alla demolizione, qui lasciarono, o persero, oggetti minuti come occhiali, bottoni, posate, rasoi e utensili, ritrovati negli strati più superficiali e nei riempimenti delle case rase al suolo.
In una vetrina sono conservate memorie del lavoro del Medioevo: resti di ossami animali per realizzare bottoni o pedine da gioco e il raro frammento di uno stampo da orafo, risalente al Duecento e utilizzato per produrre placchette o fibbie in metallo, con la doppia immagine incisa, sui due lati, di un cavaliere e di una figura con tunica, forse un angelo.
Tra XV e XVI secolo almeno tre botteghe di vasai si insediarono nell’area del Foro di Traiano. All’ampio panorama produttivo di questa categoria è dedicata la seconda sezione della mostra: I vasai del Rinascimento.
Appartenevano a uno di questi artigiani – il cui nome è stato svelato dalle ricerche archivistiche: Giovanni Boni da Brescia – l’abitazione e la fornace per maioliche, ben conservate. Si tratta senz’altro di un ritrovamento eccezionale: lo studio della fornace e della gran quantità di scarti di fabbricazione – che Giovanni aveva sepolto in più punti dell’area e che gli archeologi hanno recuperato dopo cinque secoli – ha restituito numerosi dettagli sul percorso produttivo. Si può dunque curiosare tra strumenti per infornare e forme mal cotte o scartate insieme a prove di disegno su ceramiche non finite e a conti di bottega incisi o dipinti sui recipienti ancora freschi.
La terza sezione propone una prospettiva inedita e curiosa per gli appassionati di arte e storia di Roma, spaziando sul tema de Gli abitanti famosi. Illustri protagonisti della vita culturale e artistica hanno prediletto questa zona e vi hanno fissato la propria residenza, abitando in dimore che le vicende urbanistiche dei tempi più recenti hanno cancellato.
Raccontati attraverso pannelli esplicativi e immagini, ecco alcuni di questi: Giotto presso Tor de’ Conti, Michelangelo e Giulio Romano a Macel de’ Corvi, i Longhi e Flaminio Ponzio su Via Alessandrina, i Fontana ancora su Via Alessandrina e presso la Colonna di Traiano, fino a Mario Mafai e Antonietta Raphaël, animatori della Scuola di Via Cavour nel loro attico di Palazzo Nicolini accanto – quasi a chiudere il cerchio – ancora a Tor de’ Conti. E, ancora, quest’area ospitava il giardino di antichità di Joahnn Goritz, prelato e raffinato intellettuale della Roma rinascimentale. A poca distanza, verso la fine del XVI secolo il cardinale Alessandrino fece realizzare la sua ricca residenza, oggi Palazzo Valentini. Ed è su Via Alessandrina che l’antiquario Francesco Martinetti dimorava: in fase di demolizione, nel 1933, gli operai rinvennero, nascosta in un muro della sua casa, una quantità straordinaria di monete e di gioielli antichi, il celebre Tesoro di Via Alessandrina, conservato nel Medagliere Capitolino e adesso in parte esposto nel Museo dei Fori Imperiali, eccezionalmente, proprio in occasione di questa mostra.
A chiusura del percorso, la storia dei numerosi complessi religiosi presenti nell’area: la quarta e ultima sezione è dedicata a Chiese e conventi. Il racconto scorre attraverso l’esposizione di notevoli esempi di decorazione marmorea altomedievale contrapposti alla semplicità delle ceramiche conventuali e degli oggetti di vita quotidiana ritrovati in corrispondenza degli edifici sacri.
Dal Complesso di Sant’Eufemia provengono, ad esempio, numerose medagliette devozionali, che un’ipotesi suggestiva propone di identificare in segni di riconoscimento applicati alle bambine lasciate nella ruota del Conservatorio delle Zitelle. Questo sorgeva annesso alla chiesa e arrivò a ospitare nel XVII secolo fino a 400 orfanelle: le zitelle, le piccole zite, come erano chiamate le bambine nel dialetto romano del tempo.
Dal giardino di Sant’Urbano proviene uno degli oggetti più particolari: una rarissima placchetta di pellegrinaggio raffigurante San Nicola di Bari (XII-XIV secolo). Qui sono state recuperate anche statuine di terracotta che, già nel Seicento e nel Settecento, impreziosivano i presepi delle religiose e oggetti di vita quotidiana come rosari, spille e corredi per il cucito, usati dalle monache.
Infine, esemplificativi della decorazione scultorea delle chiese più antiche della zona sono tre interessanti bassorilievi scolpiti con le decorazioni tipiche dell’epoca. A essi si affianca una lastra funeraria frammentaria di ignoto, del principio del XV secolo.