Le donne vivono di più ma male. Demenza e Alzheimer: sarà epidemia globale
Il 22 la giornata della salute della donna: in Italia 1,2 mln di malati; nel Lazio le donne si ammalano il doppio degli uomini
Nel Lazio l’Alzheimer e la demenza senile colpiscono le donne più del doppio rispetto agli uomini. Secondo il rapporto Osservsalute 2016, infatti la percentuale maschile è dello 0.5 per cento, quella femminile, invece, è dell’1,3. Insomma vivono di più (84,6 anni) ma male.
Questo tema è all'attenzione del Ministero della Salute, e test premonitori per individuare i possibili soggetti con i primi deficit cognitivi saranno effettuati gratuitamente a Roma in viale Giorgio Ribotta, 5 all’Eur dalla Fondazione IGEA ONLUS in occasione della Giornata della salute della Donna in programma sabato 22 aprile. L'Italia, con 1,2 milioni di malati, è un Paese particolarmente a rischio, avendo una delle popolazioni più vecchie del mondo.
I dati dell'Oms
Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, le patologie connesse alla demenza senile nei prossimi 20 anni raddoppieranno tanto da divenire una epidemia planetaria. Le Accademie scientifiche dei principali Paesi del mondo hanno elaborato una relazione su "Aging society: neurological epidemics", nella quale le malattie neurodegenerative sono definite epidemia mondiale per la loro preoccupante crescita.
Invecchiamento della popolazione, stili di vita non corretti, inquinamento, stress sono tra i fattori che stanno facendo crescere le demenze, tra cui proprio l'Alzheimer rappresenta circa il 70% delle persone affette. Ogni anno si registrano 9,9 milioni di nuovi casi, uno ogni tre secondi. Le donne sono doppiamente colpite dalla diffusione di queste patologie, sia perché si ammalano più frequentemente degli uomini, sia perché su di loro ricade spesso il peso dell’assistenza ai familiari che si ammalano. La Fondazione IGEA ONLUS, in collaborazione con l’Università, intende applicare a Roma il protocollo Train the Brain (Allena il Cervello) per il trattamento dei soggetti a rischio, realizzato dal Neurofisiologo Lamberto Maffei con gli Istituti di Neuroscienze e di Fisiologia Clinica del CNR e con l’Università di Pisa. Il protocollo ha prodotto significativi miglioramenti nell’ 80% dei soggetti trattati.
La diagnosi precoce
Oggi anche per le patologie cerebrali c’è la possibilità di diagnosi precoce, che consente di individuare i soggetti a rischio con quattro o cinque anni di anticipo. E in molti casi si può intervenire per contenere il danno e ritardare la malattia. Il test, utile per tutti, è raccomandato particolarmente alle persone oltre i 65 anni per la prevenzione e il trattamento di forme neurodegenerative in pazienti con lieve deficit cognitivo. Uno dei metodi per ritardare il decadimento cognitivo è fare esercizio, allenare il cervello, come si fa andando in palestra a fare ginnastica. Con la ginnastica i nostri muscoli si mantengono tonici e attivi, restano funzionali più a lungo e si ritarda il decadimento. La stessa cosa accade per il cervello, allenarlo conviene. testarlo è facile.