Roma
Lucio Fontana tra “Terra e oro”: la sua arte torna nella Capitale
La Galleria Borghese di Roma ospita la mostra “Terra e oro” di Lucio Fontana: un'indagine dedicata ai Concetti Spaziali e alle Crocifissioni
di Maddalena Scarabottolo
“Terra e oro” è la mostra d'arte dedicata a Lucio Fontana, visitabile fino al 28 luglio, presso Galleria Borghese a Roma. 50 opere illustrano lo spazio tra tagli, buchi, oro e Crocifissioni.
Dopo Bacon, Giacometti e Picasso è finalmente un artista italiano del Novecento a doversi confrontare con gli ambienti iconici di Galleria Borghese. Gli spazi della villa non sono neutri, non sono moderni e tanto meno adatti ad accogliere un artista del Novecento, ma è proprio questo forte contrasto che rende ancora più interessante e articolata la mostra.
Anna Coliva, curatrice e direttrice della Galleria Borghese, ha messo in evidenza come questa indagine abbia “lo scopo di far emergere sempre di più gli splendidi ambienti ma anche di riconsiderare l'artista più importante del secondo Novecento italiano che è stato dimenticato da Roma per ragioni inspiegabili”. Le opere selezionate, realizzate tra il 1958 e il 1968, sono circa 50.
I lavori di Fontana sono stati allestiti in un percorso che si compenetra bene con i classici itinerari di visita. Gli ambienti al piano terra ospitano la selezione di Crocifissioni, opere in ceramica smaltata, dove l'artista esprime ancora una concezione di spazio trattato in maniera rappresentativa e dalle forme fortemente plastiche e barocche.
La percezione degli spazi e l'originalità degli accostamenti cambia invece nelle sale superiori, dove i Concetti Spaziali di Fontana sono affiancati a capolavori antichi come Amor Sacro e Amor Profano di Tiziano, la Pala Baglioni di Raffaello, la Madonna dei Palafrenieri di Caravaggio e il Ritratto d'uomo di Antonello da Messina. Qui lo spazio geometrico, prospettico e illusionistico delle antiche opere è accostato allo spazio reale, creato e non più rappresentato, di Fontana. Il nostro ambiente fisico non si contrappone più allo spazio idealmente rappresentato dall'opera d'arte ma si unisce con esso grazie alle fenditure, alle fessure e ai buchi sulle tele. L'oro delle cornici degli antichi dipinti si fonde con l'oro dei Concetti Spaziali creando un nuovo spazio: una dimensione altra esaltata dall'oro non come colore ma come essenza dell'astrazione. Non si è più di fronte all'accezione barocca dell'oro come massima esaltazione della ricchezza dell'ornamento ma ora è la sintesi di luce e spazio.
Coliva ha sottolineato come tale concetto sia ben esemplificato dal capolavoro “Venezia era tutta d'oro”, in prestito dal museo nazionale Thyssen-Bornemisza di Madrid. La direttrice si rammarica però di non essere riuscita ad esporre La Fine di Dio: “l'unico esemplare in oro che è conservato presso l'ambasciata italiana a Tokyo. L'ambasciatore ha ritenuto di non doverla prestare. Ci dispiace molto che quell'opera comprata dallo Stato italiano, sia sottratta alla vista del pubblico in occasione di una mostra istituzionale”.