Roma
Mafia a Ostia: i prestanome dei Fasciani sapevano di essere “servi”. Le motivazioni
“Tutti gli imputati estranei alla famiglia Fasciani erano ben consapevoli sia che il Village appartenesse ai Fasciani, sia che prestandosi alle intestazioni fittizie delle loro ramificate attività imprenditoriali consentivano agli stessi di continuare ad esercitare il controllo sulle attività economiche della zona e di proseguire le finalità illecite del sodalizio”. In queste poche righe c'è la sintesi della motivazione della sentenza con cui l'ottava sezione penale del Tribunale di Roma lo scorso 8 ottobre ha condannato i dodici imputati del cosiddetto “Fasciani bis”. Dieci anni per il boss Carmine, otto alla moglie, sette alla figlia Azzurra, da quattro anni e sei mesi a due anni per i prestanome, Mirko Mazziotti, Fabio e Davide Talamoni, Daniele Mazzini, Francesco Palazzi, Gabrielli Romani, Marzia Salvi, Marco D'Agostino e Fabrizio Sinceri (l'unico a cui sono state applicate le circostanze generiche): queste le pene decise dal collegio presieduto dal dottor Marcello Liotta per gli imputati, tutti accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso.
“Gli appartenenti al clan Fasciani sono i protagonisti sino ad oggi incontrastati del sistema di stampo mafioso imposto ad Ostia. I soggetti a questi legati da vincoli di parentela o stretta amicizia, come Mazzini, Mazziotti, Palazzi, i fratelli Talamoni, hanno l'obiettivo di ingraziarsi il clan per inserirvisi a pieno regine una volta dimostrata la propria fedeltà; le persone spinte da condizioni di bisogno economico, come Sinceri, Salvi e Romani, aderiscono ad un sistema fondato sull'omertà, sulla paura, sul potere” si legge nelle 330 pagine pubblicate a tre mesi dalle condanne. “Questi soggetti sono necessari all'impresa di stampo mafioso dei Fasciani per poter espandersi e proliferare nel loro contesto territoriale ed ogni comportamento è risultato funzionale solo agli interessi del clan creando un terreno favorevole al proliferare di una cultura mafiosa”.
Confermando l'impianto accusatorio dei pm Ilaria Calò e Carlo Lasperanza, hanno individuato nello stabilimento balneare Village lo strumento attraverso il quale il boss e il suo clan sono riusciti a mantenere ferma ed incontrastata la loro posizione di supremazia sul territorio di Ostia. “Non solo uno stabilimento balneare ma un mondo a sé, rappresentativo di potere e forza, intorno al quale si muove un'intera comunità, il modo/luogo più esplicito a visibile attraverso cui domani la città Carmine Fasciani”.