Roma
Mafia Capitale, Cassazione Naso choc: “La mafia a Roma l'ha portata Pignatone”
L'avvocato di Massimo Carminati Giosuè Bruno Naso, sgancia la bomba sulla Cassazione: “Per Pignatone Roma è come Reggio Calabria, tutto è una mafia”
di Federico Bosi
Mafia Capitale o Mondo di mezzo, l'avvocato di Carminati Giosuè Bruno Naso sgancia la bomba alla vigilia dell'arrivo del processo in Cassazione e punta il dito contro l'ex Procuratore della Repubblica di Roma: “La mafia a Roma l'ha portata Giuseppe Pignatone”.
Oggi, mercoledì 16 ottobre il processo, di “Mafia Capitale” approda in Cassazione: al vaglio dei giudici della Suprema Corte c'è la mafiosità o meno del “Mondo di Mezzo” guidato, secondo l'originaria impostazione della Procura di Roma, dall'ex esponente dei Nar Massimo Carminati e dal ras delle cooperative Salvatore Buzzi. Il primo è stato condannato in appello a 14 anni e mezzo di reclusione, il secondo a 18 anni e 4 mesi. Ad Affaritaliani parla senza peli sulla lingua del, come da lui stesso definito, “processuccio” Giosuè Bruno Naso, l'avvocato difensore di Carminati.
Avvocato Naso: il Tribunale, con la sentenza del 20 luglio 2017, non ha riconosciuto la accusa di mafia nei confronti di Carminati ma la corte d'appello l'11 settembre 2018 ha ribaltato il tutto stabilendo che il sodalizio criminoso creato nel 2011 con Buzzi era da qualificare come un'associazione di stampo mafioso. La Cassazione ribalterà di nuovo tutto oppure no?
“Nessuno può saperlo. Io dico che la sentenza d'appello del 2018 è stata molto, ma molto deludente. La sentenza è deludente sul piano tecnico-giuridico. È come se il Tribunale non avesse mai ascoltato più di 200 testimoni, tra cui ufficiali delle autorità giudiziarie che avevano svolto le indagini. Evidentemente dopo delle analisi più specifiche si sono accorti che le due associazioni tiriate in ballo nel processo erano di stampo mafioso. È strano che una sentenza venga stravolta in questa maniera soltanto attraverso una rilettura. Secondo noi avrebbero quantomeno dovuto rinnovare l'istruttoria ma non l'hanno fatto”.
Perché secondo lei il sodalizio creato da Carminati e Buzzi non era di stampo mafioso?
“Qui è obbligatoria una riflessione. Marranella, la Banda della Magliana, Fasciani e chi più ne ha ne metta: fino al 2012 alla Procura della Repubblica erano ciechi e non vedevano le associazioni mafiose? Poi arriva Pignatone e Roma diventa Reggio Calabria. Casamonica, Spada, Buzzi e Carminati sono tutti mafiosi. Fino al 2012 la Procura di Roma era retta da imbecilli che non si sono resi conto di quanto stava succedendo? Forse la mafia a Roma l'ha portata proprio Pignatone, ne sono quasi sicuro. Per lui tutto è mafia così le indagini diventano più semplici e veloci”.
In più di un'occasione lei ha definito il processo Mafia Capitale come un “processetto”. A distanza di più di un'anno dalla sentenza della corte d'appello è ancora di questa idea?
“Lo penso sempre di più tanto che le dico che è stato definito dalla Corte d'Appello con una 'sentenziuccia' e questo mi dispiace. Mi dispiace perché i redattori di quella sentenza non sono degli incapaci. Il perché di quella sentenza rimarrà un mistero”.
Il processo ora va in Cassazione. Il calendario delle udienze e i protagonisti
Il processo “Mafia Capitale” mercoledì terrà banco per tutta la settimana. Il presidente della sesta sezione penale della Suprema Corte Giorgio Fidelbo, che ha individuato nell'Aula Magna quella “ad hoc” per ospitare tutti, ha programmato almeno tre giorni di udienza (16-17-18) per la discussione delle parti, riservando eventualmente una quarta giornata (sabato 19) se fosse necessario. Durante il primo giorno prenderanno la parola due giudici relatori, cui seguirà l'intervento di almeno due procuratori generali per la requisitoria. Se i tempi lo consentiranno, a chiudere la giornata dovrebbero essere i legali delle venti parti civili.
Poi dal secondo giorno la scena è tutta delle difese degli imputati, molti dei quali (attualmente liberi o ai domiciliari) rischiano di tornare in carcere, anche alla luce di nuove norme come la cosiddetta “Spazzacorrotti”, se la sentenza di secondo grado dovesse essere confermata in tutto o in parte. Il carattere di mafiosità è stato così attribuito a 18 dei 43 imputati del giudizio di appello (sia sotto forma del 416 bis che del solo concorso esterno o dell'aggravante prevista dall'articolo 7 della legge del 1991). Tra le condanne più rilevanti spiccano, oltre a quelle di Carminati e Buzzi, quelle a carico di Riccardo Brugia (11 anni e 4 mesi), Claudio Caldarelli (9 anni e 4 mesi), Matteo Calvio (10 anni e 4 mesi), e Fabrizio Franco Testa (9 anni e 4 mesi). Tra i “colletti bianchi”, ci sono sul banco degli imputati l'ex capogruppo Pdl alla Regione Luca Gramazio (8 anni e 8 mesi) e l'ex amministratore delegato di Ama Franco Panzironi (8 anni e 7 mesi).