Mafia Capitale, la Procura tiene tutti in carcere. E' scontro sui termini delle misure cautelari
Lunedì prossimo battaglia in aula bunker: “Richiesta incostituzionale”
di Valentina Renzopaoli
Stanno affilando le armi per dare battaglia: quella di lunedì prossimo, 10 aprile, sarà un'udienza bollente nell'aula bunker di Rebibbia. La richiesta dei pm Cascini, Ielo e Tescaroli di prolungare la carcerazione preventiva di due anni, invocando la sospensione dei termini di custodia cautelare per tutti gli imputati di Mafia Capitale, e non solo per quelli accusati di associazione mafiosa, ha fatto infuriare le difese. “Ci stiamo organizzando e stiamo mettendo a punto una serie di interventi nei quali riproporremo anche questioni di legittimità costituzionale”, spiega ad Affaritaliani l'avvocato Valerio Spigarelli, difensore di Agostino Gaglianone.
La Procura ha spiegato che la richiesta è fondata sul fatto che in un processo così complesso per la gravità delle accuse e per il numero degli imputati, si rischia di arrivare a sentenza con gli imputati già in libertà. Nel corso di 46 udienze, celebrate con una media di tre o quattro udienze a settimana, sono stati finora sentiti otto ufficiali di polizia e due persone offese, ma nella lista dei pm, che ora chiedono una “proroga”, ci sono circa duecento testimoni e i tempi che si prevedono sono infiniti.
“La richiesta della Procura si applica anche agli imputati che non rispondono di associazione a delinquere e a quelli a cui non è stata contestata l'aggravante dell'articolo 7, ovvero del metodo mafioso, dunque coinvolgerebbe anche molti dei personaggi accusati di corruzione”, spiega il legale. Quindi politici e colletti bianchi finiti nella seconda tranche di Mafia Capitale.
Solo alcuni dei trentanove imputati hanno già visto decadere la misura cautelare, per diverse posizioni la scadenza è prevista per maggio 2017. Quindi se venisse accolta la richiesta dei pm, non solo i personaggi più importanti del sodalizio ma anche i comprimari del mondo di Mezzo tornerebbero liberi solo a maggio 2019.
“Questo è un processo pesantemente condizionato dalle scelte della Procura che ha voluto fare un processo “maxi maxi”, che ha ritardato il deposito delle intercettazioni e delle trascrizioni e che ora vuole sospendere le misure cautelari: il problema è stabilire quanto queste anomalie si trasformino in una lesione dei diritti degli imputati”, continua Spigarelli.