Roma
Mafia Capitale, prime condanne. E c'è l'aggravante mafiosa

di Valentina Renzopaoli
Cinque anni e quattro mesi a Emilio Gammuto, 4 anni a Emanuela Salvatori, Raffaele Bracci e Fabio Gaudenzi. A meno di trentasei ore dall'apertura del sipario su Mafia Capitale, arrivano i primi verdetti per quattro dei nove imputati che hanno percorso la strade del rito abbreviato, risparmiandosi l'imponente trafila di un immediato che si annuncia lungo, complesso e parecchio costoso.
Due ore e mezza di Camera di consiglio per il gup Anna Criscuolo che ha deciso sulla base del fascicolo processuale e delle interpretazioni delle carte fornite dai difensori degli imputati.
Quattro condanne pesantissime che superano, in due casi, addirittura le richieste fatte dai pubblici ministeri Ielo, Cascini e Tescaroli e che arrivano proprio alla vigilia del mega processo: sebbene si tratti infatti, di quattro figure “minori” del quadro tracciato dai pm, l'esito del “processino” era atteso per capire l'orientamento del giudice e soprattutto per sondare l'attendibilità dell'aggravante mafiosa. Aggravante dell'articolo 7 che il giudice ha riconosciuto per Emilio Gammuto, collaboratore di Buzzi, dipendente della sua cooperativa condannato per corruzione.
Mano pesante anche nei confronti di Emanuela Salvatori, 58 anni ex responsabile dell'attuazione del Piano Nomadi di Castel Romano, condannata a quattro anni, quattro mesi in più quindi rispetto alla richiesta dei pm che per lei avevano chiesto di escludere l'aggravante mafiosa, pur negandole contestualmente le attenuanti generiche.
Al tritolo il commento del legale della dipendente comunale, l'avvocato Mario De Caprio: “La differenza che passa tra la mafia e questa combriccola di approfittatori è la stessa che passa tra gente che risponde a nomi giganteschi come quelli dei giudici Falcone e Borsellino e il gruppetto composto da Ielo, Tescaroli e Cascini. Ricorreremo in Appello, la sentenza non ha senso”.
Condannati per usura Claudio Gaudenzi e Raffele Bracci i due uomini vicini a Massimo Carminati, ritenuto dagli inquirenti il capo del clan.
Il giudice Ana Criscuolo ha inoltre riconosciuto il risarcimento alle parti civili Roma Capitale, Regione Lazio, Libera, Associazione Antonio Caponnetto e Sos Imprese Cittadinanzattiva di 5mila euro per ciascun imputato.