Roma
Mafia Capitale, scontro difesa-piemme. "E un processetto, lesi i diritti degli imputati"
di Valentina Renzopaoli
“Un processetto dopato da una campagna mediatica giornalistica giudiziaria, con finalità precise e una precisa regia” caratterizzato già dalle fasi che lo hanno preceduto da “prassi distorsive” che “ledono il diritto di difesa degli imputati”.
Il primo intervento del collegio difensivo in quella che ormai si può definire l'inagurazione di Mafia Capitale è affidato all'avvocato Giosuè Bruno Naso, difensore del boss Massimo Carminati, del braccio destro, o meglio “occhio destro” del “ciecato”, come lui stesso ha detto, Riccardo Brugia e del sodale Franco Testa. Un attacco diretto senza mezzi termini all'impianto accusatorio orchestrato dai tre pm Paolo Ielo Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli, ma anche al Tribunale e al suo presidente Rosanna Iannilli, accusata di aver emesso un provvedimento, quello del 28 ottobre scorso, “pretestuoso e studiato” che ha creato una disparità tra detenuti di serie A e detenuti di serie B. “Con questo provvedimento ha dimostrato a differenza del solito, di sottrarsi alle proprie prerogative adeguandosi pedissequamente ad un parere del pm” ha tuonato l'avvocato Naso nella sua prima “apparizione”.
Non si è lasciato affatto intimidire Giuseppe Cascini, uno dei tre “moschettieri” che ha risposto alla sfida senza mezze misure: “Tutti i processi sono seri, tutti gli imputati vanno rispettati e non penso sia elegante chiamare “processetto” questo processo, io non mi esprimerei mai con questi termini, è una questione di stile”. E poi l'affondo: “Non ho l'abitudine di dire a tutti i presidenti di tribunali che incontro che sono i migliori”, riferendosi ad una ostentata “sviolinata” dell'avvocato Naso verso la presidente Iannilli.
Sotto accusa da parte delle difese la decisione sull'assenza di tre dei quarantasei imputati dall'aula: Salvatore Buzzi, Riccardo Brugia e Franco Testa infatti dovranno partecipare attraverso videoconferenza dalle rispettive carceri di Tolmezzo, Terni e Napoli Secondigliano. Massimo Carminati rimarrà a Parma, come stabilisce la legge, poiché è detenuto in regime di 41 bis.
Una decisione che, secondo la difesa, vìola l'articolo secondo il quale deve essere assicurato l'intervento e l'assistenza dell'imputato nel dibattimento, nullità che inficerebbe la costituzione del rapporto processuale. Alla richiesta di revoca dell'ordinanza si è unito anche il difensore di Salvatore Buzzi, l'avvocato Alessandro Diddi che ha depositato un ricorso al Tar contro il trasferimento del suo assistito dal carcere di Nuoro a quello di Tolmezzo.