Roma

Mafia Capitale, un bluff: “Ma quale 416 bis, è solo malcostume italiano”

Mondo di mezzo in Cassazione, palla alle difese. L'avvocato Diddi, difensore di Buzzi: “Nel suo modus operandi non c'erano intimidazioni, quindi non è mafia”

Mafia Capitale in Cassazione, la parola passa alle difese. L'avvocato del ras delle cooperative Salvatore Buzzi, Alessandro Diddi, butta giù a picconate il teorema della Procura sul 416 bis: “Non era mafia ma malcostume italiano. Nel suo modus operandi non c'erano intimidazioni”.

Con gli interventi delle difese è ripreso giovedì mattina nell'Aula Magna della Cassazione il processo di Mafia Capitale, al vaglio dei giudici della sesta sezione penale dopo che, nella giornata di mercoledì, i tre sostituti procuratori generali Luigi Birritteri, Luigi Orsi e Mariella De Masellis hanno concluso la requisitoria sollecitando la conferma delle condanne decise nel giudizio di appello per tutti gli imputati.

Pronti via e Alessandro Diddi, avvocato difensore di Salvatore Buzzi, l'ex responsabile della cooperativa “29 Giugno” condannato a 18 anni e 4 mesi di carcere, ha smontato la condanna per mafia nei confronti del suo assistito. Secondo Diddi, “i fatti relativi al 'Mondo di Mezzo' dicono che non c'è mafia, ma che è il modello che ci governa ovunque, cioè il malcostume di questo Paese” aggiungendo che questi “sono fenomeni comuni che pervadono talmente il nostro Paese che se non sono mafia da altre parti non possono esserlo nemmeno in questo caso”. L'avvocato ha inoltre sottolineato che “ci dobbiamo dare una regola sul 416 bis, tanto è vero che molti di noi hanno sollecitato un intervento delle Sezioni Unite”.

Poi la replica al pg che ieri, in sede di requisitoria, aveva posto l'accento sull'esistenza di un'unica associazione per delinquere di stampo mafioso rappresentata dalla fusione tra il gruppo di Corso Francia, capeggiato da Massimo Carminati con i suoi sodali, e quello di via Pomona (sede della cooperativa “29 Giugno”), riconducibile al gruppo di Buzzi. “A Corso Francia – dice Diddi – ci sono state estorsioni su recupero crediti. Quattro 'fattarelli' che voi punirete con assoluto rigore, come è giusto che sia, ma che non dimostrano l'esistenza di una associazione e che non si sono mai estesi a via Pomona”. “Ci sono state estorsioni alle quali Buzzi non ha mai partecipato” ha aggiunto l'avvocato per evidenziare come non ci sia stata alcuna fusione tra le due realtà criminali. Per il penalista, poi, gli unici “affari in comune” che hanno avuto Buzzi e Carminati “sono stati quattro ed erano leciti”.

Infine per Diddi nel “modus operandi” di Salvatore Buzzi non ci sono state intimidazioni di alcun tipo, quindi non è mafia. Per l'avvocato infatti, un altro elemento alla base del 416 bis è rappresentato dall'omertà, “ma in questo caso gli unici testimoni reticenti sono stati i nostri, cioè quelli delle difese”.

​Mafia Capitale, difesa Carminati: "Mafia di un singolo non esiste"

"Una mafia composta da un singolo non esiste". Lo ha affermato il difensore di Massimo Carminati, l'avvocato Francesco Tagliaferri. Per il penalista, "la sentenza di appello è piena di contraddizioni e di carenze motivazionali. I giudici hanno semplicemente cercato di demolire scientificamente la sentenza di primo grado". Tagliaferri ha inoltre osservato che la forza di intimidazione, elemento essenziale ai fini dell'esistenza di una associazione a delinquere di tipo mafioso, "deve derivare dal vincolo associativo, che in questo caso non esiste".

Mafia Capitale, difesa Carminati:  "No giurisprudenza creativa"

"Faccio un appello alla Corte affinché non faccia giurisprudenza creativa". Lo ha detto il difensore di Massimo Carminati, l'avvocato Cesare Placanica. Per Placanica, "la sentenza di appello ha fatto un errore mortale perché si è adagiata sul provvedimento cautelare". Inoltre, ha aggiunto Placanica, "la mafia non paga, mentre qui parliamo di corruzione" e "gli episodi di violenza di Corso Francia sono ridicoli, non hanno nulla a che fare con gli appalti".

​Mafia Capitale, difesa Gramazio: "Mafia costruita in laboratorio"

"Questa è una mafia costruita in laboratorio". Ad affermarlo è stato il difensore di Luca Gramazio, l'avvocato Valerio Spigarelli. "Non mi convince una mafia di tre persone: è un ossimoro", ha aggiunto Spigarelli, definendo la sentenza di appello "sciatta, frettolosa, intrisa di contraddizioni e di scopiazzature dall'ordinanza di custodia cautelare". "La mafia, per esercitare il suo terribile potere - ha proseguito il penalista -, deve essere riconoscibile e avvalersi di un capitale costruito storicamente. L'accusa, sapendo che questo capitale non c'era, lo ha sostituito con Carminati e il suo gruppo di Corso Francia". Secondo Spigarelli, infine, "non sono riusciti a dimostrare un solo euro" di incasso illecito da parte di Gramazio, all'epoca dei fatti consigliere regionale alla Pisana, capogruppo di Forza Italia.