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Roma
Marco Ferreri ucciso due volte, dimenticato dalla società dei consumi

di Gabriella Sassone
 
Marco Ferreri è stato uno dei grandi maestri del cinema italiano: dissacrante e anticonformista, sempre in bilico tra l’ironico e il grottesco più estremo, ha diretto film originali e graffianti, che hanno fatto storia e spesso grandi incassi al botteghino.

Eppure, a vent’anni dalla sua prematura scomparsa, è stato quasi dimenticato dall’immaginario collettivo. Una vera e propria “uccisione”, neanche tanto metaforica. Per ricordarlo, passando al setaccio le sue opere, il regista Pierfrancesco Campanella ha scritto e diretto il docufilm “I love… Marco Ferreri”, nelle sale cinematografiche il 30 novembre, prodotto e distribuito da Rossana Ruscitti per Cinedea srl. Al film è abbinato il nuovo cortometraggio di Campanella “L’amante perfetta”.
In “I love… Marco Ferreri” Pierfrancesco Campanella ha immaginato un misterioso detective, che si muove come un personaggio d’altri tempi e compie una inchiesta personale sull’ipotetico “delitto” del cineasta. Attraverso l’analisi di alcune delle sue opere più significative, interviste ad esperti e studiosi della settima arte, testimonianze di chi lo ha conosciuto e immagini di repertorio, il bizzarro investigatore arriva a individuare il “colpevole”: quella società dei consumi che il regista ha sempre stigmatizzato, fin da tempi non “sospetti”. Una società ulteriormente peggiorata dall’avvento della televisione commerciale con annessi reality-strazio, dall’uso sconsiderato dei social network e conseguente imbarbarimento dei rapporti umani, dall’omologazione culturale e dall’appiattimento impostoci dalla globalizzazione.

La peculiarità di Ferreri consiste proprio nell’aver precorso i tempi: il suo essere geniale è quindi nella preveggenza di un futuro pieno di alienazione e di frustrazione. “I love… Marco Ferreri” è in definitiva un’indagine postuma, tra reale e surreale, sui mutamenti sociali degli ultimi anni, attraverso l’occhio di un artista fuori dal coro. Ci si potrebbe chiedere se la cultura sia davvero finita e con essa lo spirito critico. La risposta, nonostante tutto, è no.

Certe “esigenze” non moriranno mai, almeno finché ci saranno cervelli pensanti e libertà di esporre le proprie idee. E il cinema può ancora essere un ottimo veicolo di divulgazione del bello, dell’arte e delle emozioni più profonde e sensibili dell’animo umano.
Con la voce narrante di Ermanno Ribaudo, a parlare di Ferreri nella pellicola sono Michele Placido, Piera Degli Esposti, il cinecritico Orio Caldiron, il docente universitario Fabio Melelli, l’esperto d’arte Mario D’Imperio, lo scrittore Emanuele Pecoraro e il grande cerimoniere della Mostra del Cinema di Venezia Franco Mariotti. I film analizzati nella pellicola sono “Ciao Maschio” del 1978, “El Cochecito” del ’60, “Il seme dell’uomo” del ’69, “Chiedo asilo” del ’79, “Storie di ordinaria follia” dell’81, “I love you” del 1986, “La casa del sorriso” del ’91 e “Nitrato d’argento” del ’96.
“Perché ho voluto girare questo lavoro su Ferreri? Perché è stato dimenticato troppo in fretta. Ingiustamente”, spiega Campanella. “L’Italia, si sa, in campo artistico ha la memoria corta, soprattutto se si tratta di personaggi non “allineati” o non politicamente corretti. Tutto ciò che è “diverso” risulta potenzialmente scomodo e quindi “pericoloso”. Da queste premesse, è nata l’idea di scrivere un documentario sulla filmografia di Ferreri, senza tralasciare l’uomo Marco”. E poi, aggiunge Campanella, “Diversamente da Fellini, Ferreri non è mai diventato un aggettivo: si usa il termine “felliniano”, ma quante volte avete sentito dire “ferreriano”? Mai! Perché a Ferreri mancò sempre (e non per caso) quella capacità di farsi universale perdendo un po’ di sé. Marco non era un autore che si lambiccava in tormenti, ma uno che si divertiva un mondo a girare film, anche quando le aspettative erano deluse (e quando erano invece accolte, si preoccupava persino!). In verità se è stato dimenticato, come un reperto rispettato ma accantonato in una teca, è dipeso dal mutamento di un’Italia dove la degenerazione culturale è la sola costante”.

Un giallo visionario, un thriller dell’anima: così Campanella definisce questo suo lavoro, apprezzato da tutti alla proiezione in anteprima al cinema In Trastevere. Ad applaudire Pierfrancesco e la sua opera, molti personaggi: Piera Degli Esposti, Elena Russo, Isabel Russinova col marito col marito produttore Rodolfo Martinelli Carraresi, l’attrice e regista Mirca Viola col marito produttore Enzo Gallo e i figli Nicholas e Angelica, le attrici Luciana Frazzetto, Gioia Scola, Carla Dujany, l’ingegnare informatico Paolo Reale, il questore Antonio Del Greco col figlio Emanuele Del Greco, la regista Wilma Labate (già candidata all’Oscar per il film “La mia generazione”), Amedeo Goria, il vice-campione di body building Massimiliano Toti, Franco Mariotti, Mara Keplero e moltissimi altri. Oltre naturalmente ai produttori Sergio De Angelis e Monica Vitiello della Cinedea.

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