Roma
Mascherine e protezione dal virus: per la scienza valgono come San Rocco
Oms e Regioni si sono sostituite alla Chiesa nel potere taumaturgico delle mascherine. Il paradosso della multa contromano sul Lungotevere e il pericolo reale
di Andrea Augello
Nel 1300 in Italia il servizio sanitario nazionale del tempo, rappresentato da varie confraternite presenti nei Comuni, come i Fratelli della Misericordia a Firenze, diffondeva nelle aree esposte al contagio della peste le immagini di San Rocco e di San Cristoforo, con il bambino sulla spalla, ritenute dal popolo assolutamente efficaci per immunizzare dal morbo e coadiuvanti nella guarigione.
Edicole improvvisate, affrescate da artisti anonimi, comparivano sul limitare dei lazzaretti, alimentando così il racconto popolare per immagini delle vite portentose dei due Santi, traendo spunto dall’arte sacra delle chiese e dall’eco di opere come la Legenda aurea di Jacopo di Varagine.
Per la verità, le autorità del tempo, avevano una certa consapevolezza di come San Rocco e San Sebastiano si fossero sempre mostrati, alla prova dei fatti, assai manchevoli nel proteggere i loro fedeli dalle epidemie, ma ritenevano che santini e edicole sacre contribuissero comunque ad un certo ordine sociale, indispensabile per affrontare con tutta la durezza necessaria le grandi pestilenze, lasciando comunque agli atti di fede la possibilità di concedere conforto e speranza alle masse flagellate dal morbo.
Ora siamo nel 2020 e, per fortuna, non siamo più chiamati a far fronte alla peste nera; tuttavia, davanti al Coronavirus, il Papa, per la prima volta in 2000 anni, ha battuto in ritirata, chiudendo le chiese e sospendendo le funzioni religiose per tutta la durata del lockdown, privandoci così sul nascere di ogni possibilità, anche solo teorica, di ricorrere a San Rocco e San Cristoforo, neppure per dare seguito ad una tradizione, come molti fanno col presepio, dando continuità almeno apparente ad un ciclo folclorico devozionale.
Ma l’Organizzazione mondiale della sanità e diverse Regioni italiane si sono preoccupate subito di colmare questo vuoto, dando vita ad un racconto che ha ben presto raggiunto lo spessore della saga, intorno al potere taumaturgico della mascherina.
Come in ogni passio che si rispetti, la storia inizia in un contesto difficile per le ragioni dei credenti, oscurato dallo scetticismo irridente dei pagani, che si fanno gioco di ogni reliquia e di ogni dogma della vera fede: così, agli esordi del Covid, l’OMS sentenziava che le mascherine servivano solo per malati e personale sanitario, mentre erano da sconsigliare per un uso generale perché avrebbero diffuso “un falso senso di sicurezza”. In pratica, la ratio della dichiarazione era che non solo un uso delle mascherine diffuso nella nostra vita quotidiana non avrebbe prodotto risultati apprezzabili in termini di contenimento della pandemia, ma avrebbe anche alimentato la tendenza a sentirsi immotivatamente più protetti e sicuri, anche violando le regole sulla distanza minima di un metro e quelle relative agli assembramenti.
La sintesi nuda e cruda di questa prima posizione, la propose l’immaginifico Walter Ricciardi, consigliere del Governo nei rapporti con l’OMS, dichiarando testualmente il 22 Febbraio: “ Le mascherine per le persone sane non servono a niente”.
Questa granitica stroncatura della mascherina inutile e dannosa ha retto fino all’estate. Già a fine giugno, infatti, l’OMS consigliava l’uso delle mascherine almeno nei locali pubblici, nei negozi e nei supermercati. Poche settimane dopo, dalla stessa autorevole istituzione, giungeva anche un incitamento a far indossare le mascherine ai minori, ma solo dai dodici anni in su. La fissazione del limite di età restava coperta da un vincolo sibillino : perché a 11 anni no e a dodici si? Non trattandosi di profilattici ma di mascherine mediche, si poteva escludere l’ipotesi di un divieto consigliato per fasce di età, come quelli dei film programmati nei palinsesti televisivi, né veniva proposta alcuna comprensibile spiegazione scientifica. Nel frattempo su diverse riviste specializzate si sono susseguite pubblicazioni tese a dimostrare una relativa e modesta incidenza almeno dell’uso generale delle mascherine tipo KN95 FFP2, dotate del relativo filtro, nel contenimento dei contagi. Infine, da tre settimane a questa parte, la situazione si è completamente capovolta: le mascherine - tutte, anche quelle mediche azzurrine e prive di qualsiasi filtro - sembrano diventate indispensabili, tanto che diverse Regioni, da ultimo il Lazio, impongono alla popolazione di indossarle tutto il giorno, anche solo per circolare sulla pubblica via.
Come si spiega questo ridicolo balletto che si è protratto per nove mesi, mettendo alla berlina gli eminenti uomini di scienza che se ne sono resi protagonisti?
Intanto comincerei col ricordare come l’utilizzo di massa della mascherina sia iniziato quando le autorità sanitarie lo sconsigliavano: centinaia di migliaia di persone, infatti, hanno cominciato a indossare quotidianamente le mascherine motu proprio, semplicemente perché si sentivano più sicure, a volte persino fabbricandole in casa, visto che in farmacia non sempre si trovavano. Noncuranti dello scetticismo dell’OMS, questi cittadini non volevano andare alla guerra contro un morbo invisibile e mortale senza neppure l’ombra di un’armatura a protezione di naso e bocca, o, se preferite, di un talismano dai magici poteri filtranti. Poco importava se indossando mascherine leggere e non perfettamente aderenti, guidando uno scooter o una bicicletta elettrica, il tessuto si riempiva di polvere, di polline e di schifezze emanate dai gas di scarico di auto e bus, con conseguenze assai negative per tutti e devastanti per quanti soffrono di allergie. Esisteva dunque una predisposizione generale a dotarsi di uno strumento a basso costo che diventasse il simbolo della guerra alla pandemia.
Dopo il lockdown questa esigenza è stata condivisa anche dalle autorità, consapevoli del sostanziale fallimento delle politiche di contenimento del Coronavirus e dell’inevitabile seconda ondata autunnale, a cui sarà difficile rispondere con un nuovo blocco totale di ogni attività, pena la definitiva distruzione del tessuto economico nazionale. Perciò, in mancanza di vaccini, ancora fermi alla fase di sperimentazione, e di qualsiasi alternativa, non è rimasto che mettere in campo milioni di mascherine obbligatorie, capovolgendo l’originario giudizio su questo dispositivo sanitario. Il che spiega l’incipit del nostro articolo: alla fine le mascherine non hanno, settecento anni dopo, funzioni sociali molto diverse dall’apparato iconografico di San Rocco e San Cristoforo. Se di adeguata qualità, correttamente indossate e sostituite con la dovuta cadenza, i dispositivi sanitari potrebbero effettivamente fornire qualche sicurezza in più dei santini, ma diciamo la verità: la mascherina di massa si manifesta attraverso un campionario tragicomico di improvvisate soluzioni, che sembrano escluderne pregiudizialmente un corretto utilizzo. La mascherina alternata tra gola, bocca e capelli, del tipo la tengo sulla bocca se si avvicina qualcuno, la faccio scivolare sulla gola se devo chiacchierare, la faccio salire tra la fronte e i capelli se devo fumare. Poi ci sono quelli che la portano infilata fino all’altezza del bicipite, quelli che la tengono attaccata a un’orecchia con l’elastico, lasciandola penzolare su una guancia, pronti a rimetterla se qualcuno si avvicina. Quelli che non la cambiano mai e ne mostrano i mesti bordi, ombrati di grasso o di smog. Quelli che coprono solo la bocca e lasciano libere le narici per non appannare gli occhiali e quelli che sudano troppo e gli si incolla il tessuto alle guance.
Come tutto questo circo possa ridurre le probabilità di contagio, mi pare francamente indimostrabile sul piano scientifico. Di contro è purtroppo vero che indossare la mascherina incoraggia eccessi di sicurezza che producono assembramenti e reali rischi di contagio, come ciascuno di noi può purtroppo notare in un supermercato affollato, dove il personale fatica sempre ad ottenere il rispetto delle distanza di sicurezza.
Dunque non resta che pazientare e ripetersi che, almeno a contenere colpi di tosse e sternuti di eventuali, inconsapevoli contagiati vaganti per le strade pubbliche, la mascherina servirà allo scopo. Intanto bisogna fare molta attenzione a non farsi beccare impreparati ai controlli: 400 euro di multa a chi risulti sprovvisto di mascherina, mi pare una sanzione ispirata al modello fiscale dello Sceriffo di Nottingham, perché punisce in modo esagerato una dimenticanza oggettivamente meno grave rispetto a tante altre. Solo per fare un paragone, guidare controsenso in una via a senso unico, può costare una contravvenzione di 84 euro e credo che siamo tutti d’accordo sul fatto che un signore a passeggio col cane senza mascherina, la domenica, determini, a occhio, minori rischi e problemi di un automobilista ben deciso ad imboccare contromano Lungotevere in Sassia alla stessa ora.
Infine concludiamo con un consiglio. Nella personalizzazione delle mascherine ormai si è visto di tutto: simboli di squadre di calcio, tricolori, luccichini, personaggi dei fumetti, marchi famosi, frasi celebri, persino Che Guevara. Io direi di commercializzarne qualche migliaio con le icone di San Rocco e di San Cristoforo. Chissà che unificando i talismani della scienza del terzo millennio con quelli dell’età di mezzo non si ottenga un risultato più incisivo. Provare, dopo tutto, non ci costa nulla.