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Roma
Molestata, "ma non ti ho ancora toccata" La rabbia di Melissa

Pedinata e molestata. Poi  la minaccia di essere toccata, "ma non l'ho fatto, ancora"; infine salvata da un papà con due bambini che sul bus si è messo a urlare e ha convinto il maniaco a desistere dal suo gesto.
Melissa C. , storia vera, ragazza vera, racconta sul suo profilo social l'esperienza del molestatore. Affaritaliani.it ha raccolto il suo dolore e la sua rabbia e ha deciso di pubblicare il post che in poche ore ha avuto più di mille condivisioni e migliaia di commenti. Noi siamo con Melissa.
"Oggi sono stata pedinata. Questa mattina, come sempre, stavo aspettando l'autobus. Una volta arrivato, sono salita. Mi sono guardata distrattamente attorno. Fortunatamente c'era poca gente. Mi sono seduta. Ho iniziato ad ascoltare la mia musica. Solito traffico. Solito tragitto. Fermata metro. Aspetto. Salgo. Mi siedo. Continuo a stare con le mie cuffiette alle orecchie e a guardare senza fare attenzione.
Arrivo al capolinea. Scendo. Inizio a camminare. Faceva troppo caldo per stare con il giubbino di pelle addosso. Mi fermo per toglierlo.
Solo lì mi accorgo che un uomo si è fermato a pochi passi da me. Mi giro. È un uomo sui 35 anni,forse 38. Lui mi guarda in maniera insistente. Il solito cafone.
Riprendo a camminare. Mi fermo al semaforo. Lui è ancora a pochi passi da me che mi fissa. Percorriamo le stesse vie, le stesse strade, gli stessi marciapiedi. Dove giro io, gira anche lui. Inizia a velocizzare il passo. Si avvicina "Ei bella un caffè con me non te lo prendi?" .
Mia madre mi ha sempre detto che in questi casi non devo rispondere e che devo continuare a camminare e a cambiare strada. Lo faccio ma lui continua a seguire i miei passi.  "Oh guarda che parlo co te. Sei una meraviglia. Dai andiamo a prenderci qualcosa. Senti so un bravo ragazzo. Un caffè, che t'ho chiesto".
Quelle frasi e quell'insistenza mi lasciavano una sensazione di viscido addosso.
Mi fermo per dirgli:  "Se non la smetti e non te ne vai via subito, chiamo la polizia."
Lo guardo in faccia. Lo avevo già visto. Si.  Era con me alla fermata. E poi sul bus. E poi in metro. Stesso vagone. Stessa fermata. Stessi passi. Non mi aveva mai mollata.
"E che gli dici alla polizia? Non ti ho neanche toccato. Ancora".
Mi si è gelato il sangue. Vicino a noi,u n papà con due bambine ha sentito e non ha esitato a urlare contro quell'essere. Ha minacciato di dargliene tante se non se ne fosse andato e non mi avesse lasciato stare. Lui se ne va.
Il papà gentilmente si accerta che io stia al sicuro e se ne va dicendomi di stare attenta. Ho ancora paura che quel volto possa sbucare fuori da un momento all'altro e che possa prendersela con me. Non è la prima volta che succede, e soprattutto sono certa che non è successo solo a me. Quante sere mi sono ritrovata a parlare con amiche in lacrime: "Non la smette di chiamarmi. "Erano in macchina, si sono accostati e hanno iniziato a fare complimenti sgradevoli. Avevo paura a scendere.".
Fatevi schifo. E non mi rivolgo solo a quei malati mentali che arrivano a stalkerare.
Parlo anche a quei porci per strada che non riescono a tenersi i complimenti volgari in bocca. Spero vi ci strozziate un giorno. Parlo a quegli uomini già in là con l'età che sbavano appresso alle ragazzine perché si sentono degli stalloni (poracci) mentre la moglie a casa prepara il pranzo.  A quelli che devono per forza suonare il clacson e fare la faccia da pervertiti. Parlo a tutti gli uomini che non conoscono il pudore e che non riescono a reprimere quell'inevitabile istinto primitivo dell'uomo delle caverne.
E che nessuno azzardi a tirare fuori il classico: "Ma se invece della gonna mettessi i jeans". Fareste una pessima figura di merda. Non vi auguro la morte né alcun tipo di tortura. Mi auguro che abbiate figlie femmine e che tornino a casa con lo schifo che sento io addosso e che vi dicano "Papà oggi uno mi ha seguito e ha minacciato di mettermi le mani addosso. Era un porco come te."
E che voi vi sentiate morire.
Ogni volta".

 

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