Muore Pino Pelosi, assassino di Pasolini. Vita da film tra droga e delinquenza
Pino detto “la rana” doveva ancora scontare 7 anni per l'omicidio Marocchi
di Patrizio J. Macci
Pino Pelosi “l’Angelo Nero” - come lo soprannominò Dacia Maraini nella prefazione al libro dallo stesso titolo pubblicata nel 1995- condannato ancora minorenne in via definitiva per l’omicidio di Pier Paolo Pasolini avvenuto nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975, lascia questa terra 15327 giorni dopo lo scrittore, all’età di 59 anni.
E' "volato" via dal letto di un ospedale del Policlinico Gemelli di Roma ponendo fine al suo vagare tra la strada e il carcere. Un circolo vizioso interrotto solo da un intervento chirurgico nel 2016, dopo il quale si era resa necessaria una lunga terapia. Avrebbe probabilmente dovuto ancora scontare circa 7 anni e poco più di carcere.
Scrisse di lui la Maraini: "Dobbiamo ringraziare Pino Pelosi per averci regalato, con questo libro, un ritratto molto veritiero di sé stesso". E poi: "Era un ragazzo indifferente, svogliato, semianalfabeta, violento, bugiardo, apatico ed egoista che non era più riuscito a liberarsi dal fantasma di chi aveva cacciato dalla vita".
“Pelosino” per gli amici di Setteville di Guidonia frazione ai margini della Capitale, soprannominato Pino “La Rana”, dopo l’arresto dai cronisti per gli occhi gonfi e sporgenti (lui disse per le botte prese durante l’interrogatorio), uscito dalla galera in libertà condizionale nel 1983 per l’omicidio di Pasolini, non aveva trovato più pace. Si sottopose persino al test della macchina della verità, riuscendo a rimanere fedele alla sua versione.
Era cominciato un avanti e indietro dal carcere spesso per soddisfare un vizio che non lo aveva mai abbandonato, quello dei “paradisi artificiali”.
L'11 gennaio 1984 era stato arrestato nuovamente con l'accusa di aver rapinato un furgone postale nel luglio precedente, ma sei mesi dopo verrà assolto per insufficienza di prove. Nell'agosto 1984 viene sorpreso a svaligiare un appartamento, mentre il 7 dicembre 1985 viene nuovamente arrestato con altri per tentata rapina.
Continuerà a delinquere fin quasi ai nostri giorni arrivando a un omicidio di cui è stato accusato, quello di Olimpio Marocchi, nipote di alcuni abitanti delle casupole di Ostia che aveva riferito alcune cose della notte del 1 novembre 1975. Per trent’anni è rimasto allineato alla versione “ufficiale” dei fatti, per poi rompere improvvisamente il silenzio e cominciare uno stillicidio di rivelazioni; prima alla trasmissione “Ombre sul Giallo” ha affermato di non aver partecipato direttamente all’aggressione ma che questa era avvenuta ad opera di altre persone, e successivamente di aver conosciuto Pasolini prima della sera dell’omicidio.
All'uscita definitiva dal carcere lo ha aspettato infine la malattia. Pochi giorni prima che il male si aggravasse aveva chiesto di sposare una giovane che fino alla fine gli è rimasta accanto come una infermiera. Pelosi lascia un figlio, un ragazzo che ha quasi la stessa età di Pino quando la sua vita deragliò fuori da un binario nel quale non è mai più riuscito a rientrare.