Roma
Nessun permesso per assistere la madre malata: il Comune risarcirà dipendente
Il Comune aveva giudicato "illegittima" la richiesta di congedo di un operatore della Polizia Locale
Gli negò il permesso di assistere la madre malata, poi morta in seguito, ora dovrà risarcirlo. Il Tribunale di Roma dà ragione ad un operatore della Polizia Locale, condannando il Comune di Roma Capitale.
È quanto riportato dall'Unione Sindacalae di Base Pubblico Impiego, che riporta la decisione del giudice Dario Conte, sez. Terza lavoro, e ricostruisce i fatti. Era il settembre 2015 quando il Comune aveva infatti notificato all'uomo la sospensione dei permessi di cui godeva da due anni per assistere la madre, gravemente malata, che, colpita da ischemia cerebrale nel 2008, nel 2012 era rimasta vedova e nel 2013 si era trasferita dal figlio. Secondo il Comune di Roma la convivenza sarebbe stata dovuta dimostrare tramite certificato anagrafico e non con una dichiarazione sostitutiva di atto notorio. A seguito dei rifiuti ricevuti e della morte della madre, l'uomo si sarebbe poi ammalato di una sindrome depressiva maggiore associata a "gravi e croniche alterazioni neuro vegetative" tali da farlo dichiarare inidoneo all'uso dell'arma.
Ora il Tribunale di Roma, dichiarando illegittimo il comportamento del Dipartimento Organizzazione e Risorse Umane, ha stabilito che nessuna fonte richiedeva che la convivenza risultasse da certificato anagrafico, tanto che sia l'Inps che la Funzione Pubblica prevedevano la semplice dichiarazione sostitutiva.
"La sentenza condanna Roma Capitale, quindi tutti noi, a risarcire il collega danneggiato dall'incompetenza dei nostridirigenti - si legge nella nota Usb - Non entriamo nel dettaglio per non dilungarci in tecnicismi, ma non possiamo non sottolineare i passaggi che per la condotta di Roma Capitale parlano di 'ingiusto diniego',' stravaganza', 'travisamento del dato normativo', 'comportamento ingiustificabile'".
"Vogliamo evidenziare con forza come l'Avvocatura del Comune continui a dimostrarsi inflessibile perseguendo il singolo dipendente e negandogli diritti, mentre si dimostra distratta, non presentandosi in tempo in giudizio, quando di fronte si trova lobbies e noti studi legali. - conclude la nota - È ora che nei posti deputati a garantire il benessere dei dipendenti e a tutelarne i diritti ci siano persone che sappiano bene interpretare le norme e che non si sentano giudici del destino di altri. Chiediamo all'Amministrazione di impedire a dirigenti senza competenze di danneggiare i dipendenti senza che vi sia alcuna conseguenza per loro".