Roma
“No ai processi in videoconferenza". Avvocati in sciopero per 5 giorni
di Valentina Renzopaoli
Sull'onda della ribellione romana, si accendono i motori della protesta nazionale: dopo l'iniziativa della Camera Penale di Roma che ha reso deserte le aule di piazzale Clodio nella giornata di lunedì, l'Unione delle Camere Penali Italiane ha proclamato cinque giorni di astensione dalle udienze per dire “no” all'uso indiscriminato delle videoconferenze nei processi. Da lunedì 30 novembre a venerdì 4 dicembre dunque solo convegni e iniziative dimostrative: a Roma il 2 dicembre ci sarà la manifestazione nazionale e una tavola rotonda sul tema del rapporto tra stampa e magistratura.
Il motivo che aveva incendiato gli animi dell'avvocatura romana era stata la decisione del Tribunale di celebrare il maxi processo Mafia Capitale attraverso una modalità che prevede l'assenza di quattro dei quarantasei imputati dall'aula e la loro partecipazione tramite videoconferenza. Decisione confermata con una apposita ordinanza dalla presidente della X Sezione Rosanna Ianniello, anche nella prima udienza di giovedì 5 novembre. Massimo Carminati, Salvatore Buzzi, Riccardo Brugia e Franco Testa, infatti, rimarranno nelle rispettive carceri durante il dibattimento, a causa di una “posizione processuale incompatibile” con il loro trasferimento nell'istituto penitenziario di Rebibbia. Una mossa che non è affatto piaciuta al presidente della Camera Penale di Roma, l'avvocato Francesco Tagliaferri: “La nostra ribellione a questa smaterializzazione dell'imputato ha trovato consenso unanime tanto che dalle nostre motivazioni, riprese dagli stessi difensori durante i loro interventi in aula, è nata la decisione di indire una protesta a livello nazionale”.
Una protesta che prende spunto da Mafia Capitale per portare l'attenzione su un tema che potrebbe presto investire molti altri casi giudiziari: “La nostra opinione è che questo processo rappresenti una sorta di esperimento in vitro per saggiare la tenuta di una serie di norme che potrebbero presto essere presto approvate dal parlamento” spiega ad Affaritaliani l'avvocato Tagliaferri. L'estensione dell'uso delle modalità di partecipazione a distanza nel dibattimento, previste dall'art. 146 bis, è infatti contenuto nel disegno di legge di riforma del processo penale all'esame del Senato; una eventualità che non trova alcun consenso da parte delle Camera Penali.
“Si fa strada un processo dotato di una nuova “funzionalità mediatica”, del tutto privato dei suoi valori, che utilizza, distorce in chiave autoritaria, il modello accusatorio e consente una crescente mortificazione della funzione difensiva, con una sovrapposizione e confusione della difesa dell’imputato con la difesa del delitto e con conseguenti inammissibili discriminazioni quali quelle poste in essere nell’ambito di recenti rilevanti processi di criminalità organizzata” si legge nel testo di delibera dell'Unione Camere Penali del 3 novembre. Un vero e proprio atto d'accusa verso una modalità processuale che “non solo si pubblicizza l’efficacia dell’azione delle Procure, ma si mostra il risultato dell’indagine come un dato definitivo ed indiscutibile, dotato in questa maniera di una oggettiva ed inconfutabile evidenza che si stabilizza nell’opinione pubblica, influenzandola irrimediabilmente, attraverso una inedita azione di imprinting mediatico e che condiziona ogni successiva fase del processo, fino ad intaccare irrimediabilmente la stessa verginità cognitiva del giudicante”.