Roma
“Oligarchia in salsa Pd”, ecco chi comanda a Roma. Il Consiglio vota mozioni
Denuncia del capogruppo Udc, Marco Di Stefano: “L'Assemblea vota cose inutili per la città. Il Pnrr? Arrivano i professori e ci fanno la lezione”
L'adagio romano è quanto mai eloquente: quando un presunto potente è convinto di segnare la storia ma conta poco di dice, “Non tocca palla”. E mai metafora fu più adatta al Consiglio Comunale di Roma, la roboante Assemblea di Roma Capitale che, oltre il nome, non va. Decide tutto il sindaco insieme agli assessori “più pesanti”, quasi fosse un'oligarchia in salsa Pd.
Dopo la denuncia del capogruppo della Civica Raggi, Antonio De Santis, anche il capogruppo dell'Udc, la “volpe” Marco Di Stefano, rincara la dose: “Solo mozioni, le cose serie si fanno fuori dal Consiglio”.
Il tema – come dicono i politici – è quello della quantità e qualità degli atti amministrativi licenziati dall'Assemblea: una media di due al mese, non di più, accompagnati da una raffica di mozioni che vanno dalla Guerra in Ucraina sino alla “fine vita volontaria” e così Di Stefano è sbottato: “Ho posto il problema dell'utilità del Consiglio Comunale nella conferenza dei capigruppo di giovedì della scorsa settimana, quando ho detto che in 150 giorni abbiamo votato forse una decina di delibere e che non facciamo altro che confrontarci su mozioni per la maggior parte inutili e prive di significato. Oddio, non che la Guerra in Ucraina non sia un problema, ma come “la fine vita” è pura letteratura e confronto politico che poco si addice al lavoro amministrativo e di gestione della città che è proprio del Consiglio Comunale”.
La verità su chi decide a Roma
Nel vuoto “cosmico” dell'Aula Giulio Cesare – secondo Di Stefano – la verità viene a galla lentamente. “C'è un grosso accentramento da parte del sindaco e di alcuni assessori, come quelli di rilievo più vicini al Pd. Credo che ci sia un'aula consiliare di bravissimi ragazzi ma alle prime esperienze e un po' deboluccia e che da parte della maggioranza non sa porre alcune questioni. Se non c'è un Consiglio comunale reale chi ha il potere lo accentra sempre”.
Dunque, la democrazia amministrativa sarebbe in mano a un “manipolo di pochi”. “E faccio un esempio limpido – continua Di Stefano – come l'Urbanistica. In Commissione ho cercato di sbloccare le varianti al Prg perché è un settore completamente fermo e che storicamente ha dato un quid alla città. Con i tenici abbiamo creato un gruppo di lavoro per le modifiche alle norme tecniche e far ripartire ala città ma lì ci siamo fermati. Poi c'è il caso della Commissione Pnrr che non ha il benché minimo coinvolgimento del Consiglio. Sono commissioni accademiche con professori dell'università e sono spariti i tecnici. Ci ratificano quello che la Giunta ha fatto, ci sono anche riunioni con i Municipi che sono tutti Pd e sembra quasi una riunione di partito. Sembra una gestione fatta in casa. Il Consiglio comunale è stato quasi svuotato. Se sapevo che era così mi candidavo al Municipio. La commissione Pnrr o cambia marcia o neanche partecipo più perché il mio compito è di portare le istanze di quel pezzo di città che ha perso e che nessuno considera”.
Di Stefano, raccontata così questa strategia sembra studiata a tavolino. Sindaco Pd, giunta a trazione Pd e Municipi in mano al Pd. Se la cantano e se la suonano e voi non toccate palla?
“Non è una dittatura ma la storia la storia insegna he chi ha il potere lo gestisce. Le giunte si fanno, le Commissioni si fanno ma in Consiglio non arriva nulla. Sono due consigli che facciamo solo mozioni ma vorremmo guadagnarci il lavoro. Chi amministra tiene per sé il potere senza alcun decentramento neanche di discutere. E' arrivato il momento di dire basta”.
L'ex Pd tornato all'Udc
E se lo dice Di Stefano che il Comune è in mano a un'oligarchia, c'è quasi da crederci. Già consigliere con Rutelli e Veltroni con l'Udc, poi passato al Pd in Regione Lazio dove è stato anche assessore, infine, deputato, alle ultime Comunali è tornato al Centro ed è quindi un politico che le dinamiche di sinistra le conosce bene. “Sono tornato indietro non per motivi di opportunismo – conclude – ma perché sono certo che prima o poi si ricreerà un Centro politico moderato e dialogante e l'Udc deve fare la sua parte e come commissario di Roma e provincia del partito sto richiamando alle armi i vecchi amici. Alle amministrative di maggio, l'Udc ci sarà”.