Roma

Omicidio Colleferro, Willy ucciso con tecniche Mma: “Le arti marziali un'arma”

Per Massimo Mancini, pioniere delle arti marziali in Italia, “le tecniche di un atleta sono come un'arma ma la pericolosità dipende dall’uso che se ne fa”

Omicidio Colleferro, la morte di Willy Monteiro Duarte ha catapultato sul ring della polemica le MMA, Mixed Martial Arts. Marco e Gabriele Bianchi, i principali accusati dell'omicidio, cultori di questo sport estremo, potrebbero aver usato tecniche apprese in palestra per massacrare il ragazzo.

E così, nel frullatore del dibattito mediatico sono finite le arti marziali tout court. “Le tecniche di un atleta di alto livello, allenato e fisicamente in forma, equivalgono a possedere un'arma, e come un’arma, la pericolosità dipende dall’uso che se ne fa”, sostiene Massimo Mancini, Maestro 7° DAN di Taekwondo FITA-WTF, uno dei pionieri del Taekwondo in Italia e allievo diretto dell’ex Presidente e Fondatore del TKD in Italia, Sun Jae Park. Ex Responsabile Nazionale Insegnanti, Arbitro Internazionale alle Olimpiadi, più volte Campione Italiano (Bronzo agli europei Monaco nel 78’), Mancini ha partecipato ai Mondiali di Seoul, di Chicago e di Sindelfingen.

Cosa pensa dell'MMA?

“Sono un Maestro di Taekwondo, sport a cui ho dedicato gran parte della mia vita, e non certo un esperto e studioso delle Arti Marziali Miste. Ma ho girato il mondo in veste sia di atleta che di Tecnico e Arbitro internazionale; conosco personalmente insegnanti di MMA e il Presidente del Brazilian Jiu Jitsu (persone stimate e educate). Le MMA stanno vivendo un momento di grandissima popolarità. Sono moltissime le palestre che offrono questo sport in Italia. Non voglio giudicare sport diversi da quelli che insegno, e non mi riferisco solo all’MMA, ma penso che nella società di oggi, non ci sia più spazio per le competizioni aperte senza regole, che non tutelino l’incolumità degli atleti e non solo. Purtroppo, molte arti marziali, sono ormai diventate solo sport da combattimento, tralasciando spesso gli insegnamenti etici spirituali insiti nelle arti marziali”.

Gli sport estremi possono essere veicolo di istigazione alla violenza?

“Ho fatto praticare a mio figlio Daniele, il Taekwondo sin da piccolo e ora è una cintura nera 2° Dan e Istruttore. Non demonizzerei il singolo sport ma la modalità con cui viene insegnato e trasmesso; cosa che dipende dalla maestrìa dell’insegnante che deve possedere doti non solo tecniche ma anche e, soprattutto, etiche e morali. Dipende molto anche dalle Federazioni e di conseguenza dalla politica. Certamente, si può affermare che le tecniche di un atleta di alto livello, allenato e fisicamente in forma, equivalgono a possedere un arma, e come un’arma, la pericolosità dipende dall’uso che se ne fa. Un conto è usarla come sport di abilità, ad esempio le gare di tiro, un conto è usarla per fare una rapina. Non c'è dubbio che picchiare selvaggiamente in branco, uno o più ragazzi, oltre tutto meno dotati fisicamente, è assolutamente contrario non solo al principio delle arti marziali ma della civiltà: è un gesto da vigliacchi e da delinquenti”.

Come nascono le arti marziali miste?

“Forme di lotta estrema con poche regole (Pancrazio) sono documentate già nelle Olimpiadi dell’antica Grecia, ma il movimento che portò alla creazione delle attuali MMA, ha origine in Brasile con “le sfide dei “Gracie” (in i cui membri di questa famiglia, sfidavano i rappresentanti di altre arti marziali). A causa dell’eccessiva violenza, queste sfide finirono per essere relegate nelle palestre di arti marziali (principalmente a Rio de Janeiro), con un ridimensionamento delle tecniche lecite. In Giappone negli anni ’70 furono organizzati diversi incontri di MMA da wrestler professionisti, fra cui Antonio Inoki (in un incontro show, partecipò anche Cassius Clay). Alla fine degli anni ’60 e nei primi anni ’70, il concetto di combinare diverse arti marziali fu anche reso popolare dal famoso attore Bruce Lee. Poi, con la nascita dell’UFC (Ultimate Fighting Championship) nel 1993, le MMA ottennero una popolarità internazionale. Nei primi tornei UFC si confrontavano combattenti di diverse arti marziali/sport di combattimento (prime competizioni di MMA) in cui si combatteva a pugni nudi e con regole più permissive rispetto a oggi (molte arti marziali svilupparono regolamenti per le competizioni agonistiche). Nei primi anni, le MMA, videro una grande varietà di stili marziali confrontarsi tra loro, fra cui la lotta, la thai boxe, e il Grappling/Brazilian Jiu Jitsu e in Nord America, negli ultimi anni le MMA hanno raggiunto un’incredibile popolarità. All’inizio del 2010 la Federazione Internazionale di Lotta Olimpica ha introdotto le MMA dilettantistiche, passate poi sotto la gestione dell’International Mixed Martial Arts Federation, supportata e finanziata dalla UFC. In Italia le MMA sono gestite dalla Federazione Italiana Grappling Mixed Martial Arts, riconosciuta a livello internazionale dall’IMMAF e in Italia dalle Federazioni del CONI FIJLKAM e FIWUK”.

Che differenza c'è tra le varie arti marziali e sport di combattimento come l’MMA?

2La differenza che c'è fra le varie arti marziali è la stessa che intercorre tra la pallavolo, la pallacanestro, la pallamano ed il calcio. Tutte si giocano con la palla ma applicano regole diverse. Lo stesso dicasi per gli sport di combattimento derivanti dalle arti marziali (Judo, Taekwondo, Karate, Kung Fu…), che hanno un’origine comune, ma che poi si sono specializzate nell’utilizzo di singoli settori del corpo, con regolamenti che hanno come punti di riferimento l’utilizzo delle tecniche permesse, l’eliminazione di tecniche pericolose estreme, la tutela dell’incolumità dell’atleta, un sistema di valutazione dei punti con l’ausilio spesso della tecnologia, in cui deve emergere l’atleta più preparato sotto tutti i punti di vista. L’origine delle arti marziali non è ben nota, nascono in Oriente dalla tradizione religiosa e medica, dall’uso calcolato della respirazione per acquistare forza, calma e potenza. Le pratiche delle arti marziali, con combattimenti armati e disarmati, facevano parte dell’addestramento dell’uomo colto, soprattutto per quelli che di nascita appartenevano alla classe dei guerrieri aristocratici. In tutte le diverse culture dove si sono poi sviluppate, le arti marziali sono state sempre considerate uno strumento di crescita morale e spirituale, con una concezione non dissimile dall'ideale di atleta, nella Grecia antica o dai codici cavallereschi del nostro Medioevo. Per la cultura Orientale l'aspetto esterno della pratica marziale è, ovviamente, quello più appariscente e familiare; consiste nella posizione e nel movimento degli arti e del corpo, nella tecnica corretta, nella forza muscolare, nella velocità di esecuzione e così via. L'aspetto interno, più nascosto, non ha nulla di spettacolare, anche se può produrre risultati inaspettati. Esso riguarda fattori come la respirazione, il corretto equilibrio delle tensioni interne del corpo, lo sviluppo e l'utilizzazione dell'energia interna, nota in cinese con il termine “qi”, e, infine, l'atteggiamento mentale o la prontezza di spirito”.

Che cosa, secondo la sua esperienza, dovrebbe trasmettere un Maestro di arti marziali?

“Ho avuto la fortuna di avere sin da bambino, e per più di 50 anni, come Maestro, il fondatore in Italia del Taekwondo (1966) Sun Jae Park e, nel mio mestiere di insegnante, cerco di ispirarmi a ciò che mi ha trasmesso. Gli insegnamenti del Maestro S. J. Park fondatore della FITA (Federazione Italiana Taekwondo, nata nel 1995) rispecchiavano il rispetto per il Maestro, per 'l’anziano saggio', trasmettitore e divulgatore del sapere; tendevano a trasmettere umiltà e determinazione, motivazione a raggiungere gli obiettivi prefissati, concentrazione e costanza. L'obiettivo non è solo vincere, ma prepararsi in modo adeguato ad affrontare le situazioni; infatti è altrettanto importante insegnare ad imparare e meditare sulle sconfitte, per trovare la soluzione a risollevarsi, senza mai abbandonare. Purtroppo il fascino e i valori trasmessi dalle arti marziali, con il percorso intrapreso dalle Olimpiadi Moderne, sono in molti casi cambiati. Il rincorrere la Medaglia Olimpica a tutti i costi (unico vero e proprio primario obiettivo delle Federazioni alla fine del quadriennio Olimpico) ha portato in molti casi, trascurare e perdere i valori etici e morali propri dell’arte marziale e dell’affascinante rapporto fra Maestro e Allievo, portando sempre più spesso, le Federazioni a trascurare molti aspetti della disciplina, organizzando competizioni sportive giovanili, simili a quelle degli adulti, iperspecializzando i giovani, alla ricerca spasmodica del risultato. Avere fiducia nel proprio Maestro, seguire i suoi consigli, riordinare gli attrezzi in palestra, pulire il tappeto di allenamento con il proprio Mentore, orgogliosi e onorati di essere vicino a lui, sono ormai valori dimenticati. Per molti bambini e adolescenti di fronte ad un insuccesso, è molto più facile abbandonare e cambiare sport (è più economico e meno problematico). Mentre i ragazzi avrebbero bisogno di riuscire a superare gli ostacoli della vita imparando dai propri errori e lo sport può insegnare proprio questo”.