Roma

Orrore nel carcere di Velletri: uccide il compagno di cella con calci e pugni

Allarme del sindacato Sappe: “Dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, il disagio mentale si è riversato nelle carceri”

Orrore nel carcere di Velletri: un detenuto italiano di 26 anni ha ucciso il suo compagno di cella, un brasiliano di 43enne, colpendolo con calci e pugni.

Nonostante il tempestivo intervento degli agenti della Polizia Penitenziaria, per il brasiliano non c'è stato nulla da fare. È successo nel pomeriggio del 19 giugno nella casa circondariale di Velletri. Per cause ancora da accertare tra i due compagni di cella è scoppiata una violenta lite che è sfociata nell'uccisione del brasiliano. Sul posto sono intervenuti i Carabinieri per i rilievi. Il 26enne è stato spostato in isolamento. Non sono ancora chiare le dinamiche. Quel che è certo è che ha problemi psichiatrici e che in passato aveva già aggredito violentemente un agente della Polizia Penitenziaria.

Il sindacato della Polizia Penitenziaria: “Frutto della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari”

“Quanto accaduto nel carcere di Velletri - dice Donato Capece, segretario del sindacato della Polizia Penitenziaria Sappe - deve necessariamente far riflettere per individuare soluzioni a breve ed evitare che la Polizia penitenziaria sia continuo bersaglio di situazioni di grave stress e grande disagio durante l'espletamento del proprio servizio. Il disagio mentale, dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, è stato riversato nelle carceri, dove non ci sono persone preparate per gestire queste problematiche, mancano strutture adeguate e protocolli operativi. La polizia penitenziaria non ce la fa più a gestire questa situazione e nei prossimi giorni valuterà se indire lo stato di agitazione. L’effetto che produce la presenza di soggetti psichiatrici è causa di una serie di eventi critici che inficiano la sicurezza dell’istituto oltre all’incolumità del poliziotto penitenziario”.

“Vanno riaperti gli ospedali giudiziari psichiatrici”

“Queste sono anche le conseguenze di una politica miope ed improvvisata - continua Capece - che ha chiuso gli ospedali psichiatrici giudiziari senza trovare una valida soluzione su dove mettere chi li affollava. Gli Opg devono riaprire, meglio strutturati e meglio organizzati, ma devono di nuovo essere operativi per contenere questa fascia particolare di detenuti. Da quando sono stati chiusi gli Opg, le carceri si sono riempite di detenuti affetti da gravi problemi psichiatrici. Ormai in ogni carcere decine e decine di detenuti con gravi problemi psichiatrici vengono ospitati normalmente nelle sezioni detentive, e spesso sono ubicati nelle celle con altri detenuti che non hanno le stesse difficoltà. Di conseguenza, i poliziotti penitenziari, oltre a essere costretti a gestire la sicurezza delle carceri in grave carenza di organico, come avviene nel Lazio, devono affrontare da soli questi squilibrati senza alcuna preparazione e senza alcun aiuto. Non è corretto soltanto ammettere l’esistenza della questione dei detenuti con problemi psichiatrici e poi far solo finta di aver risolto un problema che invece sta esplodendo sempre di più nella sua drammaticità”.