Roma
Ozzimo e Caprari a giudizio il 26 novembre. Mafia Capitale, il processino mette le ali
di Valentina Renzopaoli
Parte il processo per Daniele Ozzimo e Massimo Caprari: il giudice per le indagini preliminari Alessandra Boffi ha accolto la richiesta di giudizio abbreviato per i due politici romani finiti nella seconda tranche dell'inchiesta di Mafia Capitale con l'accusa di corruzione. La prima udienza del dibattimento è stata fissata per il prossimo 26 novembre: al procedimento speciale che consente agli imputati di beneficiare, in caso di condanna, di uno sconto fino a un terzo della pena, accederanno anche i fratelli Gerardo e Tommaso Addeo, e Paolo Solvi, collaboratore dell'ex presidente di municipio Andrea Tassone, anche lui sotto inchiesta. In particolare, per l'ex assessore alla Casa capitolino Daniele Ozzimo la richiesta di abbreviato era condizionata all'acquisizione, come elemento probatorio, di una mail scambiata tra lo stesso Ozzimo e il “re” delle coop Salvatore Buzzi. “Siamo soddisfatti, le nostre preoccupazioni si sono rivelate infondate, quindi riteniamo che si possa svolgere un processo sereno” ha commentato la decisione del gup l'avvocato Luca Petrucci, legale di Ozzimo.
Al procedimento ha chiesto di costituirsi parte civile anche il Partito Democratico, ma il giudice ha già espresso qualche perplessità e le difese avranno tempo fino al 19 novembre per presentare le loro osservazioni alle richieste, pervenute anche da Roma Capitale, Regione Lazio, Associazione Libera, Sos Impresa, Associazione Antonio Caponnetto, Cittadinanzattiva e Camera di Commercio. “Alcune di queste richieste ci sembra non abbiamo in capo il diritto soggettivo necessario per la costituzione di parte civile, le studieremo e diremo la nostra”, ha spiegato Petrucci.
Nulla di fatto invece per le richieste di patteggiamento presentate dai quattro ex amministratori della cooperativa La Cascina: Francesco Ferrara, Domenico Cammisa, Salvatore Menolascina e Carmelo Parabita. Tutti sono accusati di corruzione nei confronti di Luca Odevaine, appartenente al Tavolo di Coordinamento Nazionale sull'accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale, al fine di ottenere l'appalto per la gestione del Cara di Mineo.
Il gup Alessandra Biffa ha rinviato la decisione al 21 dicembre prossimo per una questione di incompatibilità: secondo il codice penale, infatti, nel caso in cui il giudice si fosse espressa sulle posizioni dei quattro non avrebbe più potuto esprimersi anche sulle posizioni dell'altro gruppo di imputati per i quali dovrà prende una decisione in abbreviato.
“Lo scopo della nostra richiesta è quella di evitare un dibattimento lungo con una forte attenzione mediatica motivata dal fatto che si parla di un'ipotesi di associazione mafiosa. Nessuno degli imputati del gruppo Cascina è imputato per reati di mafia, e proprio per cercare di allontanare il più possibile la nostra posizione da quella degli altri è stato deciso di patteggiare. Ma non c'è nessuna implicita ammissione di colpa” ha spiegato il difensore dei quattro dirigenti Massimo Biffa. E ha aggiunto: “Anzi la scelta dei miei assistiti è una scelta dettata dall'affetto nei confronti degli 8mila dipendenti del gruppo La Cascina che lavorano in tutta Italia e ai quali non si vuole neanche lontanamente cagionare danni d'immagine”.