Roma

Palazzo crollato a Ponte Milvio, pm chiede archiviazione: la causa fu l'acqua

La palazzina crollata in via della Farnesina nel 2016 fu costruita in un posto sbagliato

La palazzina che crollò parzialmente il 24 settembre del 2016 in via della Farnesina 5, a due passi da Ponte Milvio, era stata costruita in un posto sbagliato. La Procura chiede l'archiviazione dell'indagine: a causare il crollo fu l'acqua.

 

Lo stabile, nella zona di Ponte Milvio, venne edificato negli anni Cinquanta su una zona dove prima c'era l'alveo di un fiume, affluente del Tevere, poi riempito con terra e materiale di risulta. A queste conclusioni è giunta la procura di Roma che ha chiesto al gip di archiviare l'inchiesta aperta nei confronti di una decina di persone per disastro colposo. Decisiva è stata la consulenza tecnica disposta dal procuratore aggiunto Nunzia D'Elia per capire se il cedimento dell'immobile fosse dovuto a una costante erosione sotterranea dovuta a una perdita delle condotte Acea (che non ravvisò alcuna anomalia), a un guasto del sistema fognario, alle infiltrazioni delle acque del Tevere oppure all'utilizzo da parte dei costruttori dell'epoca di materiali troppo scadenti. Accantonato quest'ultimo aspetto (perché i costruttori sono tutti morti), la procura ha finito per puntare l'attenzione sull'esistenza di un tombino asfaltato, non si sa da chi, e quindi scomparso dalle mappe ufficiali di Comune e Acea, che conduce a un canale di scolo sotterraneo verso il Tevere.

Questo canale “tombato”, otturato per cattiva manutenzione, potrebbe aver rimandato indietro l'acqua verso quello che una volta era l'alveo del fiume provocando un imbibimento del terreno. Situazione ancora attuale e concreta che potrebbe rappresentare un rischio per le altre palazzine della zona, tanto che la procura ha ritenuto di trasmettere gli esiti della sua consulenza al Comune di Roma per quanto di competenza.

Dagli atti dell'inchiesta è emerso che nel 2001 una geologa sollevò delle perplessità in merito alla stabilità del terreno e le evidenziò a un architetto incaricato di redigere il fascicolo di fabbricato. Il professionista, deceduto poco tempo fa, sottovalutò il problema e non lo segnalò a chi di dovere: neppure i proprietari dei vari appartamenti e gli altri soggetti indagati per il crollo seppero nulla dei rilievi avanzati dalla geologa che rimasero così lettera morta.