Roma
Palazzo Venezia in terapia intensiva. Via smog e macchie dalla sala di Ercole
Il restauro del Museo di Palazzo Venezia sarà aperto al pubblico da settembre
Quattro mesi per restituire alla Sala delle Fatiche di Ercole, una delle più originali di Palazzo Venezia, alla sua bellezza originaria. Un “viaggio nel tempo” che, a partire dal prossimo autunno, sarà aperto anche anche alla curiosità degli appassionati.
I lavori di restauro, finanziati dalla Fondazione Silvano Toti, infatti, si potranno seguire grazie a visite programmate tra fine settembre e inizio ottobre.
"Il restauro durerà circa 4 mesi e quindi pensiamo di aprire la Sala delle Fatiche di Ercole al pubblico intorno alla fine di ottobre ma la novità è che sarà visitabile anche il cantiere di restauro: saranno organizzati appuntamenti su prenotazione gratuiti aperti al pubblico, proprio su richiesta della Fondazione Silvano Toti e sarà data la possibilità a studiosi e cittadini la possibilità di cogliere le varie fasi di questo restauro, in corso d'opera", ha annunciato Sonia Martone direttore del Museo Nazionale di Palazzo Venezia.
Il lavoro, affidato con bando pubblico al Consorzio di restauro e conserva e opere d’arte L'Officina riguarderà la disinfezione e disinfestazione della parte lignea del soffitto, la pulitura della parte pittorica, il consolidamento dell'intonaco e della pellicola pittorica, la revisione delle integrazioni delle lacune relative a precedenti interventi di restauro e successive eventuali reintegrazioni. È inoltre prevista una campagna di indagini diagnostiche e di rilievo grafico delle tecniche di esecuzione delle decorazioni.
"La priorità del restauro ora è individuare i livelli di pulitura adatti ad andare a mettere in luce la pellicola pittorica, molto offuscata soprattutto da polveri e interventi di restauro successivi individuando anche quali possono esser stati questi interventi, poiché ce ne sono stati anche di ridipintura, e vanno distinti dalla pittura originale. Poi dovremo risolvere anche il problema delle grandi lacune che interessano le scene di questo fregio e che sono state trattate nel corso dell'ultimo restauro con dei neutri molto forti che alterano di molto la pittura, appaiono come vere e proprie macchie di cemento al centro delle scene", ha spiegato Paolo Castellani, direttore dei lavori e storico dell'arte del Polo museale del Lazio.
Il restauro si inserisce nel più ampio contesto di Palazzo Venezia, uno dei più importanti edifici romani del Rinascimento. Progettato alla metà del XV secolo da un architetto vicino a Leon Battista Alberti per volere del cardinale Pietro Barbo, successivamente papa Paolo II, l’edificio divenne poi sede della Serenissima Repubblica di Venezia e successivamente della Diplomazia austriaca. Nel 1916 lo Stato Italiano, rivendicatane la proprietà, lo destinò a museo nazionale, oggi ricco di alcune migliaia di opere d’arte, fra cui autentici capolavori.
Il palazzo, per quanto sottoposto a diverse modifiche nel corso dei secoli, conserva ancora integra la struttura e molte decorazioni originali del quindicesimo secolo. La Sala delle Fatiche di Ercole ne rappresenta un chiaro esempio.
Collocata al piano nobile dell’edificio, all’estremità dell’appartamento di Pietro Barbo, era ufficialmente destinata alla custodia dei paramenti sacri del Pontefice e perciò detta anche Sala dei Paramenti. Il nome odierno si deve al fregio a fresco che decora la parte alta delle sue pareti e che appunto illustra, intervallate da quattro fontane con amorini, in otto riquadri, alcune delle dodici mitiche fatiche, vale a dire Ercole e il leone Nemeo, Ercole e Anteo, Ercole e i buoi di Gerione, Ercole e Gerione, Ercole e il drago Ladone, Ercole e la cerva di Cerinea, Ercole e gli uccelli di Stinfalo ed infine Ercole e il centauro Nesso.
Il ciclo delle Fatiche di Ercole ha una particolare importanza sotto il profilo storico e artistico. Esso fu dipinto da un artista ancora anonimo, probabilmente di origine settentrionale. In passato, più di uno studioso ha voluto collegarlo in via diretta o almeno indiretta ad Andrea Mantegna; altri invece hanno pensato a un miniatore della corte pontificia.