Roma
Piano regolatore Roma: “Servono case in affitto, non piaceri ai costruttori”
L'urbanista Sanvitto: “Si alle modifica al Prg ma prima studiamo come è cambiata la città. E stato fatto uno spezzatino urbanistico"
di Claudio Roma
Nella città del Pnrr e della “rigenerazione urbana” si accende a sorpresa il dibattito sull'ipotesi di un nuovo Piano Regolatore. Quello datato 2008 è vecchio? Se lo chiedono i costruttori e se lo chiede ancora il Comune che attraverso l'assessore Maurizio Veloccia evidenzia l'esigenza di un “aggiornamento per semplificare le norme tecniche”. Ma c'è chi dice che il Prg “non si tocca, a meno che non si conosca prima la città esistente e si studi il futuro”.
A fare chiarezza sul Prg, l'architetto Francesco Sanvitto. Da sempre a sinistra, ma via dal Pd e estensore del programma urbanistico elettorale del Movimento Cinque Stelle, da urbanista “navigato” Sanvitto mette in guarda contro il pericolo che un nuovo Piano Regolatore diventi “l'occasione nuove urbanizzazioni sui terreni di costruttori amici della nuova amministrazione”.
Sanvitto, partiamo dalla città ideale. Cosa servirebbe a Roma oggi in termini edilizi?
“Poche parole: la nuova città non ha bisogno di nuove case in vendita ma di case in affitto a canone rapportato ai redditi delle famiglie (20/30%), per rispondere all'emergenza abitativa serve un piano per le case popolari. Questa è la priorità dopo la crisi pandemica”.
Partiamo dall'inizio: è necessario o no mettere mano al Prg?
“Io credo che sia indispensabile, ma prima di aprire il cantiere, la cosa fondamentale è capire di che tipo di Prg abbiamo bisogno. Mi spiego: da quando è stato varato con i primi studi e poi portato a compimento sono passati più di 15 anni. Il primo documento di base è la conoscenza dello stato do fatto che abbiamo della città e questo si chiama “dimensionamento del Piano”. Che è la base, in chiave più moderna, di quello che si chiama PAT ,“piano di assetto del territorio”, cioè come vogliamo ristrutturare la città e che indirizzo di trasformazione vogliamo dargli ed è la base del dibattito politico che deve essere aperto con i cittadini.
La prima analisi che devono fare è negli uffici dell'Anagrafe: i romani , a 20 anni di distanza dal dimensionamento dell’ attuale PRG, sono aumentati? Sono diminuiti? E la curva che tendenza prefigura per il futuro? Secondo me la città si sta spopolando. Altra cosa è partire dal calcolo del dimensionamento del vecchio Prg che ci dice quanta cubatura c'era e quindi sappiamo il fabbisogno delle residenze (30/45 mq di SUL per abitante più lo standard dei servizi pubblici) . La maggior parte di ciò che viene edificato sono case per chi le deve vivere ed è indispensabile sapere quante case ci sono e quante mancano. Poi il piano dovrebbe stabilire come i cittadini vogliono vivere la loro città. Dopo quasi quasi 20 anni dal dimensionamento del PRG per capire quanto serva costruire e cosa bisogna conoscere il trend della popolazionee quanto di nuovo sia stato costruito da allora in ottemperanza del Piano e quanto sia stato fatto, per scelta politica, in difformità al Prg con una serie di varianti. Ma questa è un'altra storia”.
Cosa si rischia sbagliando il Prg?
“Un Prg non può essere “sbagliato”, rappresenta la volontà di chi lo promuove ed è una scelta politica che va a vantaggio di alcuni il problema nassce quando quelli che traggono vantaggio sono la minoranza della popolazione ed è per questo che chi rappresenta la maggioranza deve prosi il problema del suo dimensionamento con la valutazione di ciò che è stato costruito e poi quanto è stato costruito in difformità con le varianti approvate per sostenere interessi specifici e individuali, rendendo abitabili zone extra Gra. Un esempio è la zona nata intorno a Parco Leonardo, dove ci sono ancora le gru perché c'è ancora poca richiesta di case. Cerchiamo quindi di capire se c'è bisogno di nuova edilizia e nuova espansione. E prima ancora occorre una ricognizione nelle aree definite “centralità urbane” e dei “progetti urbani” che necessitavano di Piani particolareggiati di inziativa Pubblica che le passate Amministrazioni non hanno mai pianificato lasciando che le aree interne ai perimetri diventassero uno “spezzatino” casuale gestito dai proprietari. Insomma, bisogna fare i conti con gli abitanti da insediare, bloccare tutte le varianti in atto richieste dagli “immobiliaristi” e nel frattempo fare quello che le amministrazioni non hanno fatto in 20 anni: pianificare nel dettaglio nei perimetri delle centralità e dei Progetti Urbani. A Roma è stato fatto uno spezzatino urbanistico senza ricucire la città. Un esempio sono i vecchi i Mercati Generali divenuto un blocco. Mi spiego meglio: la città ha rinunciato a pianificare lasciando lo spazio a chi pensava di speculare anche su aree pubbliche”.
E la Giunta Raggi che ruolo ha avuto in questo periodo?
“Qui c'è un problema politico che va posto: la Giunta Raggi ha agevolato la speculazione in varianti a volte demenziali - come lo stadio – utilizzando i professionisti del Comune per cercare di copianificare assieme ai privati e perdendo tempo e risorse per seguire le verie conferenze dei servizi come quella dello stadio della Roma, praticamente un apparato pubblico che si è adoperato nell’ interesse di pochi potenti trascurando e bloccando, di fatto, la piccola architettura dei palazzi e delle case e rallentando l’iter amministrativo per il rilascio dei banali permessi a costruire per opere, per di più, che non comportavano alcun consumo di suolo”.
Giudizio davvero pesante... parliamo di trend urbanistici come la rigenerazione urbana: si può fare senza un nuovo Piano?
“La rigenerazione urbana può avvenire nelle centralità, qui è indispensabile cambiare la vecchia città degradata, demolendo e ricostruendo con meno uso del suolo. Il vero problema è che se io ho bisogno di cubature le superfici in più non posso sprecarle nelle periferie, le devo utilizzare come premio per chi vuole demolire e ricostruire".
E questo nel Prg non c'è?
“C'era in parte ma non è stato mai programmato con i piani particolareggiati di iniziativa pubblica per dare un assetto urbanistico (come San Lorenzo o Ostiense Marconi) dove abbiamo ancora una città con capannoni, vecchie fabbriche come la Miralanza e parchi mai nati”.
In sintesi, la strada coerente con lo sviluppo della città?
“Prima di di disegnare il nuovo cerchiamo di lavorare sul vecchio e fare i conti su dove mettere la nuova città e scopriremo che è dalla città già costruita male che può partire quella nuova. Lo ripeto: non serve costruire nei terreni intorno alla città”.
Sanvitto, c'è il pericolo di una nuova colata di cemento?
“Sì, perché se prima di rifare il piano non si fanno i conti sulla città che c'è la possibilità che qualcuno preveda nuove urbanizzazioni sui terreni di costruttori amici della nuova amministrazione".