Roma

Più armi, più sangue. Di Bartolomei jr, il libro sulla paura degli italiani

Luca di Bartolomei, figlio di Agostino morto suicida 25 anni fa, scrive un saggio sul pericolo delle armi in casa

di Patrizio J. Macci

Più armi in circolazione nel Paese significano solo più sangue. Eppure un numero crescente di persone vuole avere la possibilità di difendersi da sola.

Lo racconta numeri alla mano Luca Di Bartolomei nel volume “Dritto al cuore” (Baldini+Castoldi), un saggio agile e documentato dove a farla da padrone sono i numeri e la parte legislativa. Di Bartolomei scrive “a carte scoperte” partendo dal suo vissuto, la tragedia familiare del padre che alzò le mani su di sé nel 1994 con una pistola detenuta in casa per difesa personale.In tutti i Paesi in cui le armi da fuoco sono più facilmente accessibili alle persone accadono più incidenti, ci sono più omicidi e il tasso di criminalità non è assolutamente basso. Al contrario le statistiche fanno venire i brividi.

La percentuale di omicidi in Italia è tra le più basse d’Europa. Il numero medio dei delitti avvenuti tra gli anni ‘70 e il primo quinquennio degli Ottanta è stato di 2014 persone uccise ogni anno. Nel 2016 il numero è sceso a 397 e sono stati 319 tra il 31 luglio 2017 e il 1°agosto 2018. I reati che creano maggiore allarme sociale sono in calo, E l’aumento degli immigrati non ha portato con sé alcun incremento di reati. Però continuiamo ad avere sempre più paura. C’è uno spread tra il dato della "percezione" e quello dei "fatti" questo è il cuore dell’analisi dell’autore.

Un fucile o una pistola appese al muro o riposta in un cassetto prima o poi sparerà. La convinzione che si possa dormire sonni più tranquilli con un’arma sul comodino è illusoria. Un’arma non è mai neutra, la prima bugia da smascherare è quella secondo la quale tutto dipende dall’uso che se ne fa. Se così fosse dovremmo avere revolver in grado di affettare la mortadella, cosa impossibile naturalmente perché l’unico scopo di un’arma è quella di offendere, immobilizzare, uccidere. 

Questo è il primo dato che balza agli occhi, in tutti i Paesi nei quali la circolazione delle armi è libera i suicidi con arma da fuoco per stati depressivi hanno un’incidenza statistica maggiore. Non è quindi un vano esercizio retorico ragionare su che cosa sarebbe potuto accadere se quell’arma non fosse stata in casa Di Bartolomei quel giorno “maledetto”.La risposta dello Stato alla paura crescente dei cittadini con la nuova legge che ha allargato il concetto di legittima difesa sembra essere: “armatevi che fuori c’è un mondo pericoloso”. L’allargamento dei limiti della legittima difesa, la dilatazione del principio di proporzionalità, consentendo un più facile accesso alle armi e lasciando alla percezione dei cittadini la sicurezza, potrebbe trasformare lentamente le nostre strade in un far west dove una semplice minaccia verbale, o la sottrazione di un bene, potrebbe essere sufficiente per indurre un soggetto armato a reagire sparando. Maneggiare un’arma è un’attività stressante che richiede preparazione psicologica e fisica.

Non ultimo il 30% dei femminicidi è commesso da individui che posseggono un’arma legalmente detenuta.La paura ci rende pazzi come recita l’esergo di Papa Bergoglio posto all’inizio del volume dall’autore: armarsi significa accettare una risposta sbagliata da parte di una Politica miope che soffia sul fuoco per incassare voti.