Roma
Porto di Ostia, Balini "socialmente pericoloso". Sequestri per 450 mln di euro
Per la Finanza l'imprenditore è prestanome dei clan Fasciani, Spada e Triassi
I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma hanno sequestrato il patrimonio aziendale e le quote societarie di 19 società – di cui 2 di diritto inglese – legate alla gestione del porto turistico di Roma e di alcuni lidi di Ostia, 531 unità immobiliari, disponibilità finanziarie e altri beni mobili per un valore complessivo di circa 450 milioni di euro nella disponibilità di Mauro Balini.
Il Decreto di Sequestro è stato emesso dal Tribunale di Roma - Sezione Specializzata per le Misure di Prevenzione nei confronti del noto imprenditore romano Mauro Balini coinvolto, in passato, in plurime indagini per associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, emissione di fatture false e riciclaggio, che è risultato contiguo ad ambienti malavitosi operanti sul litorale di Ostia e in costante collegamento con personaggi di notevole spessore criminale.
La misura di prevenzione, assunta dal Tribunale di Roma - Sezione Specializzata per le Misure di Prevenzione - ed eseguita dagli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma, giunge al termine di complesse indagini di polizia economico-finanziaria, basate anche sulle evidenze acquisite nel corso di altre investigazioni, concernenti i più insidiosi fenomeni criminali che hanno interessato, nel recente passato, il litorale romano e la municipalità di Ostia.
Il riferimento è agli approfondimenti correlati alla nota operazione “Tramonto", condotta - sempre dal G.I.C.O. - nei confronti del potente clan criminale Fasciani, egemone a Ostia, che ha portato, nel marzo 2014, all’esecuzione di 16 ordinanze di custodia cautelare e al sequestro di beni per oltre 6 milioni di euro. In tale contesto, sono state approfondite anomale operazioni finanziarie che hanno visto protagonisti Balini e noti pregiudicati attivi nell’area lidense (già oggetto di plurime investigazioni, anche datate, dirette dalla locale D.D.A., in materia di narcotraffico) contigui al clan Fasciani ovvero all’altrettanto potente clan Senese. A ciò si sono aggiunte le evidenze acquisite nel corso dell’operazione “Nuova Alba", condotta dalla Polizia di Stato, nel cui contesto sono emerse le connivenze del Balini con esponenti delle organizzazioni malavitose interessate al litorale di Ostia.
Dalle intercettazioni telefoniche eseguite a suo tempo è emerso che proprio dal mondo degli affari “nella fase dell’ipotizzato rinnovo, per la riforma normativa, degli assetti concessori, che proviene il riscontro delle egemonie di strada createsi in Ostia: inesistenti i Triassi; preoccupati del futuro i gestori già operanti, quali Giacometti, legato a Balini e collegato agli epigoni della Magliana; decisi all’investimento, e alla creazione sistematica di società strumentali a consentire l’accesso all’affare, siccome fornite di pertinente licenza, i clan emergenti, ossia i Fasciani e gli Spada". In tale contesto, relativamente ai referenti criminali di Balini, figura di primo piano è quella del pregiudicato Cleto Di Maria, narcotrafficante di elevato calibro, al quale Balini aveva concesso, ad un prezzo irrisorio, attraverso una società assegnataria della relativa concessione demaniale, la gestione del chiosco–bar all’interno della spiaggia attrezzata “Hakuna Matata”, di Ostia, oggi sequestrata. Inoltre, Di Maria curava, per conto di Balini, i servizi di sicurezza e vigilanza all’interno del porto turistico,
oltre ad abitare in un appartamento all’interno dello stesso. Ed è proprio il porto turistico di Ostia, insieme ad alcuni stabilimenti balneari (tra i quali “Hakuna Matata” e “Plinius”), il centro degli affari gestiti da Balini, attraverso una serie di società, da oggi affidate agli amministratori giudiziari
nominati dal Tribunale. L’odierna operazione, denominata “Ultima Spiaggia", ha consentito di accertare
come Balini sia soggetto “socialmente pericoloso” e titolare, direttamente e indirettamente, attraverso familiari conviventi e non, nonché “prestanome”, di una serie di cespiti di ingente valore, assolutamente
sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati. Tale sproporzione, unita alla citata pericolosità sociale, ha
permesso di richiedere, ai sensi del “Codice Antimafia”, il sequestro finalizzato alla confisca dell’intero patrimonio al medesimo direttamente o indirettamente riconducibile. Le risultanze delle investigazioni sono state partecipate dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia al Tribunale di Roma - Sezione Specializzata per le Misure di Prevenzione che, con proprio provvedimento, ha disposto il sequestro di:
patrimonio aziendale e relativi beni di 12 società di capitali; patrimonio aziendale e relativi beni di 2 società estere, un' impresa individuale; quote societarie di 4 persone giuridiche; 531 unità immobiliari; 11 auto/motoveicoli; una imbarcazione; rapporti finanziari, per un valore complessivo di stima di circa 450 milioni di euro. L’operazione, eseguita con il supporto del II Gruppo e del Gruppo Pronto Impiego della Guardia di Finanza di Roma, costituisce l’ennesimo intervento del Corpo e della locale Autorità Giudiziaria
finalizzato all’aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati da soggetti “socialmente pericolosi”, che sono dediti abitualmente a traffici illeciti e vivono con i proventi di tali traffici.