Roma
Primarie, il Pd “se la canta e se la suona”. La sfida "rock" finisce in canzonette
E' finita a taralucci e “vino de li castelli” sulle note delle “canzonette”, la sfida dem per la candidatura a sindaco di Roma. I sei protagonisti di centrosinistra che domenica si batteranno col “friccore al core” nelle primarie si danno alla musica.
Ai microfoni di Radio Rock, se la sono cantata e suonata, in un karaoke estemporaneo che ha messo ha dura prova ugola, memoria e prontezza di riflessi, visto che, a domanda “qual è il provvedimento rock che faresti se diventassi sindaco”, le risposte sono state parecchio “lente”. Stefano Pedica si batterebbe per abrogare le delibere contro i tavolini selvaggi, Domenico Rossi estenderebbe l'Estate Romana all'Inverno Romano, Gianfranco Mascia farebbe nascere delle webfactory in ogni municipio, Roberto Morassut creerebbe delle sedi per i “ratake” romani. Ora, chi sa cosa sono i “ratake” alzi la mano: forse si contano sulla punta delle dita di due mani le persone comuni che hanno capito chi sono, ossia una gruppo di volontari che, con la scopa in mano, sacrificano il proprio tempo libero per ripulire la città.
Dai R.E.M. alle “notti” di Ligabue, passando per Adriano Celentano e Sergio Endrigo, fino all'ultrapopolare “Tanto pe' cantà” di Manfrediana memoria, le canzoni scelte per la prova musicale dei competitor. Fino alla sigla sempre verde “Ma che ce frega ma che c'emporta se l'oste al vino c'ha messo l'acqua”, un ritornello troppo sentito e troppo scontato. Sarebbe opportuno che il proverbiale “menefreghismo” del romano doc passasse di moda, pure tra i politici.