Processo Cerroni, prime verità sul "buco" di Monti dell'Ortaccio
Il maxi processo Cerroni: c'è attesa per la testimonianza dell'ex prefetto Sottile
Penultima udienza prima delle ferie estive e il processo Cerroni entra finalmente nel vivo dell'ultimo dei cinque filoni di indagine, quello sulla vicenda di Monti dell'Ortaccio. Il filone che porterà sul banco dei testimoni anche l'ex commissario Goffredo Sottile e l'ex prefetto Giuseppe Pecoraro: ma per ascoltare le loro deposizioni bisognerà aspettare l'autunno.
Per ora a rispondere alle domande del pm Alberto Galanti, davanti alla Corte è comparso il funzionario della polizia municipale Francesco Tarantino, firmatario delle tre informative redatte, a partire dal settembre 2012, in seguito ai sopralluoghi sull'area di Monte dell'Ortaccio; area inserita dall'allora commissario straordinario Pecoraro, tra siti selezionati per accogliere una discarica post Malagrotta.
Il reato ipotizzato nei confronti di Manlio Cerroni e del collaboratore Francesco Rando è attività organizzata al fine del traffico illecito di rifiuti: secondo l'accusa la E. Giovi srl del gruppo Cerroni, che gestiva la cava di Monti dell'Ortaccio, avrebbe asportato terra per effettuare la copertura di Malagrotta, senza avere le necessarie autorizzazioni. La difesa sostiene, invece, che l'attività di travaso era stata autorizzata all'interno del decreto commissariale 36 del 2008, con il quale era stato predisposto proprio il capping di Malagrotta.
Sulla questione è nel frattempo intervenuta anche una sentenza del Tar del Lazio, che lo scorso dicembre ha annullato il provvedimento del Comune di Roma con il quale era stata disposta l'acquisizione al patrimonio comunale di Monti dell'Ortaccio (sul presupposto che fosse stato oggetto di abuso edilizio) e ha affermato la riconducibilità dei movimenti di terra effettuati proprio al progetto previsto dal decreto 36.
Il funzionario della Polizia municipale Tarantino ha ricostruito i passaggi dell'attività: “L'indagine è partita nell'agosto del 2012 in seguito a segnalazioni da parte di comitati di cittadini e di alcuni esponenti politici dell'ex XV municipio che avevano notato grossi movimenti di terra e di trasporto da Monti dell'Ortaccio a Malagrotta”, ha spiegato.
Pochi mesi prima il commissario straordinario nominato dal governo per il post Malagrotta, Pecoraro, aveva indicato sette siti come papabili per gestire il periodo successivo alla chiusura della discarica più grande d'Europa, tra questi c'era anche Corcolle vicino a Villa Adriana, Quadro Alto, Pian dell'Olmo, Pizzo del Prete; ovunque si innalzarono le barricate, scoppiarono proteste e manifestazioni. Anche nella Valle Galeria la tensione era arrivata alle stelle.
E' in questo clima che partono le segnalazioni su Monti dell'Ortaccio: con tutta probabilità la paura dei cittadini era che si stesse già lavorando, all'insaputa di tutti, ad una nuova discarica; discarica che sarebbe stata poi autorizzata con l'Aia, Autorizzazione integrale ambientale, il 27 dicembre 2012, dal commissario Goffredo Sottile.
“Dalle indagini del tecnico del X Dipartimento del Comune, nominato ad hoc, è emerso che le quote della cava si erano abbassate di 33 metri dal 1990 al 2012 da una parte, e di 20 metri in un'altra, per un totale di 3 milioni 124mila di metri cubi di terra. Di questi due milioni circa scavati dal 1990 al 2005 e 1 milione e 278mila metri estratti dal 2005 al 2012”, spiega il funzionario.
Quello che la difesa si chiede è come mai, in tutti questi anni nessuno abbia mai notato o segnalato “sospetti” viaggi di terra prima di allora. Si torna in aula il 7 luglio, poi tutti al mare.