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Roma
Processo Cucchi bis al via, la difesa chiama un esercito di 468 testimoni

Aggiornato all'11 gennaio prossimo il processo bis che vede imputati i 5 carabinieri per il pestaggio e la morte di Stefano Cucchi, il geometra di 32 anni deceduto il 22 ottobre del 2009 all'ospedale Sandro Pertini di Roma, sei giorni dopo essere stato arrestato per possesso di droga. I periti illustreranno il contenuto di alcune trascrizioni ambientali e telefoniche e sarà sentito il primo testimone per conto della Procura.

 

Procura che è finita nel mirino dell'avvocato della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo: “Se dopo otto anni siamo ancora qui é perché dobbiamo dire grazie alla Procura. Ci lasciamo alle spalle un primo processo storto e sbagliato, con imputati sbagliati e accertamenti medico-legali assolutamente fuorvianti e disancorati dalla realtà dei fatti", ha dichiarato. “Sappiamo che si tenterà di fare l'ennesimo processo a Stefano Cucchi e alla sua famiglia. Ma non ci presteremo a questo gioco né al tentativo di chi vuol far passare il concetto che noi consideriamo l'Arma dei Carabinieri sul banco degli imputati perché così non é. L'Arma tutela le istituzioni e non le tradisce", ha concluso Anselmo.

Il numero dei testimoni chiamati dalla difesa ha scatenato l'indignazione della pubblica accusa: “Evidentemente qualcuno vuole prendere tempo o perdere tempo”. Saranno 251 i testimoni chiamati a testimoniare per conto del carabiniere Raffaele D'Alessandro e altri 217 quelli citati dalla difesa di Francesco Tedesco.

Nonostante siano passati 8 anni dalla morte di Stefano, Rita Calore e Ilaria Cucchi, madre e sorella della vittima, non hanno perso le speranze: "Mio figlio merita giustizia perché non si può morire così. Noi non ci fermeremo mai finché non sarà fatta giustizia. Lo abbiamo promesso a Stefano, davanti a quel suo corpo massacrato", ha dichiarato la madre.
La sorella Ilaria ha invece commentato: “Ho fiducia che questa volta i responsabili della morte di mio fratello e di anni e anni di depistaggi saranno puniti. La verità é in questa aula ma non sarà facile farla emergere. Proveranno a confondere le acque e a dilatare i tempi. Siamo pronti a tutto".

La sede

Il dibattimento ha spostato la propria sede dall'aula bunker di Rebibbia a piazzale Clodio. Il presidente del tribunale Francesco Monastero ha infatti recepito la volontà di astensione per incompatibilità manifestata dal presidente della terza corte d'assise Evelina Canale che aveva già trattato il primo processo, quando sul banco degli imputati c'erano tre agenti di polizia penitenziaria e nove tra medici e infermieri della struttura protetta dell'ospedale.


Il processo

Stando a quanto accertato dal pm Musarò, di omicidio preterintenzionale devono rispondere i carabinieri Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro e Francesco Tedesco. A loro é attribuito il pestaggio di Cucchi "con schiaffi, calci e pugni", che provocò, con "una rovinosa caduta con impatto al suolo della regione sacrale", lesioni in parte guaribili in almeno 180 giorni e in parte esiti permanenti, che poi, "unitamente alla condotta omissiva dei sanitari del Pertini che avevano in cura il ragazzo" hanno portato alla morte.
Il falso e la calunnia, invece, sono contestati allo stesso Tedesco e al maresciallo Roberto Mandolini (che comandava la stazione Appia dove nella notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009 venne fatto l'arresto) e, solo per il secondo reato, al carabiniere Vincenzo Nicolardi. Il reato di falso é legato al verbale di arresto in cui si "attestava falsamente" che Cucchi era stato identificato attraverso le impronte digitali e il fotosegnalamento: circostanza che per i magistrati non è vera ma che ha rappresentato la ragione del pestaggio di Cucchi, ritenuto "non collaborativo" a quel tipo di operazione.
Mandolini e Tedesco, poi, non avrebbero verbalizzato la resistenza opposta dal geometra nella stazione dei carabinieri dove venne portato per il fotosegnalamento, e avrebbero "attestato falsamente" che Cucchi non aveva voluto nominare un difensore di fiducia. La calunnia, invece, é legata alla varie testimonianze rese al processo svoltosi davanti alla terza Corte d'assise dove erano imputati tre agenti della polizia penitenziaria (Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici, parte civile nel processo che si dovrà aprire, assieme alla famiglia Cucchi), sempre assolti nei vari gradi di giudizio: Tedesco, Mandolini e Nicolardi, "affermando il falso in merito a quanto accaduto nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009" accusavano implicitamente i tre poliziotti, pur "sapendoli innocenti", delle botte inflitte al detenuto. Gli imputati, dal canto loro, si sono sempre dichiarati estranei alla ricostruzione dei fatti operata dagli inquirenti. I loro difensori hanno indicato nella lista dei testimoni da citare in aula quasi 200 nomi e sono pronti a tornare alla carica chiedendo una nuova perizia medico-legale dopo quella, disposta dal gip in sede di incidente probatorio, che escluse un nesso tra il violento pestaggio e il decesso di Cucchi.
Il geometra sarebbe morto improvvisamente di epilessia, ritenuta dagli esperti del giudice la causa "dotata di maggiore forza e attendibilita'" rispetto alle altre. Una conclusione che però il pm Francesco Musarò ha preferito ignorare non ritenendola attendibile dal punto di vista scientifico e alla luce degli elementi probatori acquisiti.

 

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